Pellegrino è chi sa inginocchiarsi quando è necessario

by Mauro 23. August 2018 14:38

      “Turista è chi passa senza carico né direzione. Camminatore chi ha preso lo zaino e marcia. Pellegrino chi, oltre a cercare, sa inginocchiarsi quando è necessario”. Queste parole di san Riccardo riassumono bene l’itinerario di questi giorni sui passi di Francesco.

       La vita del santo di Assisi partendo dal luogo della spoliazione, quando ha rinunciato a primeggiare sull’altro attraverso i suoi averi o l’importanza dello status sociale, passando per i boschi della Verna ove Francesco si è arreso innanzi all’amore fino a consegnare a Dio, senza misura alcuna, la sua vita per arrivar, oggi, alla tomba del santo. Luogo in cui si contempla il mistero dell’umanità di un uomo che ha accolto il Cielo mostrando che il futuro è già esperienza presente e la meta finale, oltre ad orientare, è luce che viene ad illuminare il quotidiano.

Si inginocchia la creatura che sa fermare il tempo e non si è lasciato ingabbiare dalla frenesia dei suoi giorni, chi si sa fermare per contemplare il mistero e per meravigliarsi del quotidiano.  

Il pellegrino, ancora, è uomo dell’attesa che si mantiene in ricerca e permette alla vita di rivelarsi senza forzature, senza domande prefissate, senza “perchè”. Spesso il cammino di una persona è inficiato dalle aspettative che, di fatto, non permettono alla vita di mostrarsi. Ciascuno, in tal senso, è disposto ad ascoltare solo quello che desidera sentirsi dire e non la novità che porta oltre.

Francesco si è lasciato provocare e, di conseguenza, ha risposto divenendo pienamente libero. È libero, infatti, colui che decide e non rimane in sospeso, chi accetta di contaminarsi attraverso i legami o il prendersi cura dell'altro. Lui partirà dai lebbrosi, da una chiesa diroccata, dal non nutrire inimicizia verso quanti lo beffeggiano o lo additano “fuori di testa”. Francesco decide una direzione, la sequela di Cristo, e ciò lo immette in un cammino che gli permette di custodire la libertà interiore anche se povero, rifiutato, ridotto a condizioni di estrema precarietà fino alla malattia.

Il rinunciare ad ogni appropriazione sarà la condizione necessaria intuita da Francesco, perchè il possesso impedisce la risposta, il camminare accanto all'altro da secondo, ossia da minore, senza dovere primeggiare.

Parte dall'accoglienza Francesco. Fino a quando non saremo persone accoglienti e non avremo spazio per la Parola, per l'altro, saremo troppo saturi di noi stessi e dei nostri discorsi. Fare spazio equivale a scomodarsi e a perdere l'equilibrio precedente. È la dinamica propria del cammino quando per muoversi bisogna sbilanciarsi in avanti e questo diventa confronto e conoscenza della realtà che ci circonda, discernimento per trovare la via da percorrere, confronto con il limite nel cogliere se un sentiero è affrontabile o meno.

Nel percorso Francesco diventa uomo della custodia, protegge il dono ricevuto, quel carisma che potrebbe essergli strappato dalle tante proposte alternative che lungo la via insidiano la sua vita. Non è sufficiente partire, è necessario custodire. L'accoglienza diventa, così, custodia dell'altro e della sua vita, dono per nutrirlo. È il tragitto che inizia ogni genitore quando si apre al concepimento di una nuova creatura. Man mano, nei loro giorni, i genitori si consumeranno per i figli, per dare loro possibilità di esistere.

La vita così intesa diventa promozione dell'altro. Ciascuno si sente chiamato a favorirne la crescita, a gioire per i traguardi altrui. La logica della fraternità si oppone a quella della competizione, così come l'amore si oppone al possesso. La logica di appropriazione non fa crescere l'altro, come nel caso dei figli che si sentono impediti nel realizzare i propri sogni, oppressi dai sensi di colpa, o dei genitori che si sentono traditi dall'autonomia dei propri figli.

La narrazione del “noi”, così come la mostra Francesco, comporta l'espressione di ciascuno. La fraternità favorisce l'unicità di ognuno, non è l'omologazione a raccontare l'amore ma la diversità che viene rispettata ed integrata. È lo stesso motivo per cui lo straniero mi appartiene  e mi rivela che sono come lui, precario in cammino per questo mondo. È la “dolcezza di animo e di corpo” che sperimenterà Francesco dopo l'abbraccio con il lebbroso, gusto che gli permetterà di tornare a sentirsi vivo in questo mondo.

È così che il povero di Assisi racconterà una storia in cui ha compreso appieno la sua missione di vita dopo avere accolto altri frati, Chiara e le sorelle, laici che sceglievano quel carisma quale propria chiamata di vita fino ad arrivare, oggi, alla testimonianza del Terz'Ordine Francescano. Il suo è diventato un respiro cosmico, il suo cantico si è espanso sempre più  fino ad arrivare ad ogni creatura.

Oggi ci troviamo in poco meno di duecento alla tomba di Francesco, dopo ottocento anni il carisma francescano continua a provocare ed interpellare l'esistenza di tanti, oggi anche noi ci sentiamo in cammino.

Ci questiona, proprio in questi giorni, la storia dei centosettanta accolti nel pattugliatore Diciotti della Guardia costiera italiana e che continua ad essere tenuto fuori dai porti italiani. L'accoglienza è faticosa ancora ai nostri giorni, abbiamo bisogno di riscoprire il rischio di lasciarci scomodare dal prossimo. Credo che fare spazio, ancora una volta, ci renderà più umani.

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