Nutrire il senso della vita

by Mauro 19. gennaio 2013 21:10

   Questa Domenica la Comunità cattolica viene interpellata da un passo evangelico che ricorda il sapore necessario per camminare nella vita, il gusto per stare nella propria storia senza fuggire da essa.
        Il celebre episodio delle “Nozze di Cana” (Gv 2, 1-12) ha un rimando profondo in quella che è l’esistenza umana individuale e sociale. Si tratta di mostrare con un segno eloquente il modo per abitare questa terra. E proprio di abitazione si parlava poco prima dell’episodio, i discepoli di Giovanni avevano chiesto a Gesù “Dove abiti?” ed ora Gesù sta rispondendo attraverso un gesto significativo.
       Un segno eloquente e non perché Gesù muta l’acqua in circa seicento litri di vino, gesto già in sé sorprendente ma ben poca cosa rispetto al suo significato. Gesù dice che è il fondamento dei segni, quello basilare, un segno per cui ci mostra qualcosa non immediatamente comprensibile.
       Pensiamo alla originalità di Gesù. Lui, il Maestro parte da una festa e dal vino che da ebbrezza per dire quale è la sua gloria. Un segno che mostra la gloria di Dio, cioè il suo valore, il reale peso che ha. Per mostrare la sua “gloria” Gesù sceglie una festa nuziale.
      Proprio le nozze esprimono l’Alleanza tra Dio e l’umanità, la relazione con Lui è una relazione sponsale e non obbedenziale alla maniera dello schiavo ma relazionale alla maniera di due coniugi che si donano l’uno all’altro. Proprio il tema dello sposalizio attraversa tutta la Scrittura e quello che i popoli e gli individui vivranno tra di loro rispecchia il rapporto che avranno con Dio, con lo sposo. Già la creazione esprime questa alleanza che viene ferita dal desiderio di “esser soli” e che trova come risposta il desiderio di Dio che cerca l’incontro “Adamo dove sei”. L’uomo e la donna sono fatti per l’amore eppure vivono la loro relazione fondante nel nascondimento, si nascondono perché hanno paura. ora hanno paura del giudizio e prima avevano paura di non essere sinceramente amati per cui accettano l’insinuazione che Dio non voglia includerli pienamente nella sua vita. In entrambi i casi rinnegano l’amore, non si fidano dell’amore di Dio.
Inizia a raccontare il fatto con una indicazione temporale “tre giorni dopo”, tre giorni dopo altri tre giorni, è del sesto giorno che si sta parlando, come fu quello della creazione di Adamo ed Eva, è il giorno della nuova creazione appunto. Si assiste ad un passaggio decisivo, è il nuovo tempo, quello della grazia. Importante perché così come nella Genesi anche ora sono un uomo e una donna a segnare questo inizio, significa riconoscere la vita, la vita vera che si ottiene solo attraverso un uomo e una donna. Gesù sta partendo dal riconoscere la vita nella sua pienezza e lo fa, così come nel racconto della Creazione attraverso la coppia maschio-femmina.
Quella del matrimonio è un’immagine fondante perché tutti si è chiamati allo sposalizio, nessuno escluso. Anche la consacrazione è esperienza di nuzialità, a volte ci confondiamo come se l’esperienza nuziale possa essere espressa solo attraverso il matrimonio. In verità ci stanno matrimoni che lo sono solo formalmente ma i due non condividono affatto la loro vita. Qua parliamo di una nuzialità che diventa dono pieno ma può essere tale solo nel rapporto con Dio. solo se Lui c’è nella nostra vita. E’ la nuzialità di chi rimane fedele alla sua missione, alla sua vocazione, che non sceglie l’adulterio per convenienza, ma lotta per difendere quello che è e che ha ricevuto in dono e non cerca di conquistare altro. Ci sono persone che rinunziano alla propria famiglia per il lavoro, perché i guadagni prendono il primo posto, la sete di carrierismo viene a sostituire tutto il resto. È di questa nuzialità che stiamo parlando, una nuzialità che potrebbe perdere la tempra, il gusto, nella ricerche di vie apparentemente più gratificanti.
Per conoscere l’identità di un popolo devi scoprire come vive le nozze, come queste vengono celebrate. È il segno di riconoscimento proprio perché dalle nozze nasce la famiglia e quindi la vita, e su questa esperienza che si regge una società.

Questa relazione è espressa dal segno del vino. In fondo non è un alimento necessario, è un di più che da gioia alla vita, una ebbrezza che esprime l’allegria del vivere, la festa, l’amore. Il fatto che venga a mancare il vino al contrario dice della tristezza, del vuoto di chi non riesce a gustare la propria vita,
Maria si accorge
Gesù risponde “che a me che a te” tradotto letteralmente, che non equivale a “che ci importa?”. Piuttosto è un’espressione tipica in Israele per esprimere il fatto che si era alleati e cioè che quel problema caro a Maria è caro anche a Gesù per cui se ne occuperà. Pertanto aggiunge “è giunta la mia ora”, l’ora di Gesù è proprio quella della gioia, è Lui lo sposo che è venuto a portare il “vino” sulla terra. Maria concordemente con la risposta del figlio darà disposizione ai servi di ascoltare Gesù. Dall’ascolto di quando “Lui indicherà” si può ritrovare il vino.
L’essere umano diversamente tende ad essere arbitrario, ad immergersi nei problemi, nelle “emergenze” come il “non avere più vino”, da solo, senza porsi in ascolto di Dio.  Quelle giare che erano all’ingresso della casa sono vuote. Sono le giare della purificazione per le abluzioni prima dei pasti, loro non rispettano più la Legge propria d’Israele, fanno a meno di Dio.
Rimanere senza fino significa sciupare la propria vita, usare la propria vita impelagandosi in esperienza senza luce, verità. Significa perdere il sapore
Le giare sono di pietra, cioè non fatte da mani d’uomo ma da Dio. Lo stesso materiale delle tavole della Legge, le giare rispettano i riti di purificazione, il loro materiale è appropriato solo che gli abitanti di quella casa ora non si prendono più cura dell’Alleanza con Dio, le loro giare sono vuote. Non c’è più un rapporto con Dio, non c’è più questa nuzialità con Lui. Allora, secondo il Vangelo, proprio per questo la vita perde gusto sapore, quella coppia con gli invitati a nozze non possono fare festa, non possono assaporare il gusto della vita perché è venuta meno la nuzialità con Dio. è questo. È questo rapporto a risultare fondante tutti gli altri rapporti, se comprometti il primo tutto il resto è falsato. L’uomo che poggia su se stesso per la Bibbia è l’uomo che regge tutta la sua vita come la casa costruita sulla sabbia, di fondamenta fragili, volubili, instabili. Così è dell’uomo che costruisce sulla distorsione del peccato.
I servi attingono acqua e lo sanno. Quale fiducia! Gesù chiede loro di fidarsi anche se quello che stanno facendo non ha alcun senso giustificabile.
Ecco cosa intende la Chiesa quando parla di “obbedienza” al Vangelo. Il Vangelo è via se ci si fida, propone una novità di vita se non si rimane autocentrati. È straordinario costatare come l’obbedienza dei servi cambia l’acqua in vino, è questa una grande scoperta: aprirsi all’obbedienza. Noi perdiamo il gusto della vita, il senso della nostra vocazione, l’orizzonte della vita quando perdiamo l’ascolto, il senso dell’obbedienza appunto, lo sciupio del vino è un atto di disobbedienza. Ed è proprio per questo che si può ripartire nonostante tutto, perché si smette di essere autoreferenziali. L’avere se stessi come unico parametro spesso porta a perdere la direzione il senso ed il gusto della propria esistenza. L’essere umano che recupera la capacità di affidarsi, di fidarsi al di là delle proprie prospettive è l’essere umano che mantiene il cammino della vita.
Nella tradizione cristiana così come nel mondo orientale è importante fidarsi di una guida, che non è un passivizzarsi ma un permettere all’altro di mostrarci ciò che fa bene al proprio cuore anche se all’inizio non lo si comprende. Ma questo è proprio di ogni forma d’arte e di ogni apprendimento, se non ci si lascia guidare, se si saltano i passaggi correndo, allora potrebbe accadere che le giare, la propria vita, potrebbe ritrovarsi vuota. “Attingete adesso” dice Gesù, c’è un tempo ed è proprio il tempo della vita, il tempo prezioso per attingere.

 

Comments (1) -

Piero
Piero Italy
20/01/2013 09:43:22 #

"...Noi perdiamo il gusto della vita, il senso della nostra vocazione, l’orizzonte della vita quando perdiamo l’ascolto, il senso dell’obbedienza appunto, lo sciupio del vino è un atto di disobbedienza. Ed è proprio per questo che si può ripartire nonostante tutto, perché si smette di essere autoreferenziali. L’avere se stessi come unico parametro spesso porta a perdere la direzione il senso ed il gusto della propria esistenza. L’essere umano che recupera la capacità di affidarsi, di fidarsi al di là delle proprie prospettive è l’essere umano che mantiene il cammino della vita..."
Mi piace riprendere questo stralcio di riflessione, per poterci ritornare durante la giornata.
Ancora una volta il tema dell'ASCOLTO risuona nella mia vita, dandomi la possibilità di non dis-togliere la disposizione dell'anima da un silenzio orante. Fare silenzio può essere inteso come un'opportunità, ancora, uno strumento prezioso per POTERSI PENSARE IN RELAZIONE, facendo posto ad un Interlocutore che potrà esprimersi e raggiungere la nostra anima, il nostro spirito, il nostro corpo a partire dalla capacità di fare spazio proprio col silenzio. La sfida che si costruisce entrando in relazione con...si arricchisce di un ulteriore elemento: l'af-fidarsi.
Una sfida che diventa più consistente nei suoi termini costitutivi perchè implica una condizione di sé priva di sicurezze e certezze, priva di controllo. Una condizione in cui il significato del vivere, ormai saturo, può rigenerarsi solo a partire da una ricerca oltre i propri confini.
...grazie per avermi dato la possibilità di iniziare una silenziosa e personale meditazione...pax  

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