Mostrami la tua forza e ti dirò chi sei

by Mauro 1. April 2012 08:30

       Nei primi anni ’80 il Festival di Sanremo presentò una canzone di Paolo Barabani che sapeva di ballata folk dal titolo “Somarello”. La singolare canzonetta narrava la storia di un ingresso in Gerusalemme alquanto dimesso che finiva col mostrare la portata rivoluzionaria di quella missione.
       Nelle vie delle nostre città oggi è possibile scorgere processioni festanti ove vengono sventolati ramoscelli d’ulivo segno di quella vicenda che ancora resta di difficile comprensione. È la domenica delle palme che per la chiesa celebra l’ingresso di Gesù in Gerusalemme ove avrà compimento la sua missione di vita. Sembra paradossale il modo scelto dal Messia per arrivare alla città santa. Certo tutti conosciamo la storia di re, fieri condottieri, che entravano nelle città a loro sottomesse portati da cavalli, ma di re che entravano cavalcando un giovane puledro d’asina certo la storia non ne parla.
       La storia antica ama mostrare le grandi gesta di vincitori ed il cavallo con il quale si andava in guerra certo ne era il segno più emblematico. È follia credere che si possa avviare un profondo processo di cambiamento abbandonando la logica di potere, di competizione o di dominio sull’altro. Proprio il segno dell’umile cavalcatura viene immediatamente a mostrare l’intenzione di Gesù. Tale sarà la sua Pasqua a Gerusalemme: una lotta per mantenere la relazione, per non lasciarsi imbrigliare dalle trame della discordia o della competizione. Gesù non accetta la sfida di questo mondo, il suo non è un comportamento reattivo ma una scelta d’amore.
      Impostare la propria vita sulla logica di sfida rispetto ad un altro è certo cosa che potrebbe far perdere l’orizzonte del vivere e portare l’esistenza su una falsa questione. È la menzogna di chi pensa di dover dimostrare qualcosa per conquistarsi il diritto di vivere: “Sono qualcuno se mi comporto…”. I tanti “se” che verrebbero a imbrigliare l’animo umano finendo per consegnare la propria vita ad una maschera più o meno funzionale ad essere riconosciuti.
       Lui lotta contro l’inimicizia, in fondo l’altra persona non ha il potere di renderci nemici, l’altro potrà mostrare tutta la sua aggressività e boria di grandezza, ma dipende da noi accettare il gancio della contesa oppure mantenere la disponibilità a riconoscerne il volto, a non identificarlo con quanto mostra. Gesù arriverà a chiamare Giuda “amico” proprio nel momento del tradimento, o a mantenere lo sguardo su Pietro nonostante il rinnegamento. Continuerà a perdonare “perché non sanno quello che fanno” mentre vive il supplizio della croce.
         Inoltre risponde alla tentazione di tutti i tempi, quella di esser fatto re da qualcuno: è il consegnare la propria vita in mano ad altri e l’adulazione vorrebbe sortire proprio questo effetto. In tal senso la mia gloria, cioè il mio valore, dipenderebbe dal prezzo che l’altro mi attribuisce.
         Pietro è disposto a combattere, mette fuori la spada ma il Maestro non gli permette di utilizzarla, lo invita a seguirlo in altro modo. A tale impegno il caro discepolo non resiste fugge e poi rinnega. È interessante notare che dopo il rinnegamento quando scorgerà lo sguardo di Gesù che continua a riconoscerlo nonostante tutto, Pietro scoppierà in pianto, intuendo finalmente il sentire del Maestro.
         Dalla croce mostra una nuova regalità, nel vederlo affrontare tale supplizio perdonando, molti si convincono, lo riconoscono davvero re.
         Altri invece lo reputano un perdente, sono delusi, tornano indietro. In fondo non accettano di poter cambiare la storia in questo modo. È più gratificante pretendere di cambiare le cose, anche difendendo grandi ideali, attraverso la forza, la soppressione dell’altro. In realtà non esiste guerra giusta, ogni guerra è profondamente ingiusta proprio perché sancisce vincitori e vinti, esseri umani che dominano sugli altri. In quei casi dietro un apparente movente di giustizia o chissà quale valore, si cela un interesse altro che sovente è di tipo economico. È vero la logica del perdere anziché quella del conquistare è difficile da perseguire, è faticosa, ha un costo personale, ma forse è l’unica capace di trasformare il mondo.

         Ma tu quale battaglia stai combattendo nella tua vita?

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