Mondo Tech? Che enigma!

by Mauro 23. gennaio 2012 19:14

        In questi giorni segnati da scioperi e proteste per il caro benzina mi sono ritrovato, dopo parecchi anni, a riprendere il treno per recarmi da una città all’altra. Nel mentre che stavo a scorgere i variegati paesaggi che si andavano succedendo pensando ai tanti scioperanti in cerca di risposte per il nostro futuro,  mi sono reso conto che la maggior parte delle persone che mi stavano attorno stavano perdendosi quella singolare occasione di finestra sul mondo rimanendo assorti nello smanettare con iPod, Smartphone o tablet.

        Questo per l’intero viaggio, al punto che gli sguardi non si sono mai incrociati e nessuna parola è stata proferita, neanche un saluto così come eravamo soliti fare fino a poco tempo fa quando entravamo o uscivamo dal nostro scompartimento.
        Questa constatazione oltre a darmi consapevolezza che non sono più giovanissimo, mi fa riflettere su quel che è successo e continua ad accadere in questi ultimissimi anni. In fondo stiamo parlando di strumenti che hanno migliorato la qualità delle nostre vite, la possibilità di entrare a contatto e comunicare con ogni parte del mondo in tempo reale. Eppure mi rendo conto di come l’utilizzo del mondo tech rischi di diventare una vera e propria dipendenza così come è   già stata diagnosticata da chi lavora da anni nell’affrontare nuove sindromi relative a questo campo.       

      La modalità relazionale, il modo di incontrare l’altro, di mostrarsi ed accoglierlo viene ad essere alterata. La velocità con cui si stabilisce un contatto virtuale con uno o tanti altri non pare abbia migliorato la capacità di stare in relazione anzi sembrerebbe il contrario. La fragilità e la difficoltà a vivere una relazione al di fuori del cyberspazio aumenta nella misura in cui la persona si priva sempre più di incontri frontali e cioè non mediati da un monitor. La fame relazionale è un bisogno esistenziale, spinge verso l’altro e proprio attraverso l’interazione viene a far nascere l’esperienza di Sé, del proprio esserci e dell’appartenere a qualcuno, del sentirsi legati ad un altro, ed in questo legame procura nutrimento affettivo e benessere psico-fisico.
      Ora non entro nel merito della questione sui contatti virtuali, se sono o no vere relazioni, soltanto puntualizzo che la chimica umana ha bisogno di contatto, di incontro in cui la stimolazione sensoriale attiva precipui canali, un modo di sentire ed interagire del tutto unico e insostituibile. Quando ascolto il racconto di un lavoratore che rientrato a casa a fine giornata per tutta la sera si piazza di fronte allo schermo isolandosi dal resto della famiglia mi chiedo quale sia il suo nutrimento e come si siano strutturati i legami intrafamiliari; allo stesso modo quando una giovane coppia mi dice che il loro bambino non riesce a prestare attenzione per i compiti scolastici assegnati ma trova quiete solo quando per ore può stare a navigare, allora mi chiedo come recuperare il ruolo educativo, la presenza affettiva ed effettiva di quei genitori.
     È visibile agli occhi di tutti come il fenomeno possa sempre più far credere che la realtà virtuale possa sostituire quella “reale”. Pensiamo alla sindrome Hikikomori (che in lingua giapponese esprime lo stare in disparte, ritirati dal mondo) fenomeno socio-culturale dilagatosi in Giappone ma presente anche nel nostro Paese anche se in proporzione decisamente minore (almeno per il momento). Giovani che si chiudono dentro la stanza di casa senza più uscire neanche per i bisogni primari, e vivono lunghi periodi, oltre i sei mesi, immergendosi nel mondo televisivo o dei videogiochi  rimanendo agganciati al resto del mondo attraverso una connessione internet. È spaventoso ma è realtà del 2012, la questione è complessa, le forme di dipendenza dal mondo tech sono in costante aumento non solo tra adolescenti ma anche nel mondo adulto e tra i bambini.
    Mi chiedo se un bambino di 5 anni riuscirà a maturare le competenze relazionali necessarie ad affrontare le fasi della crescita se continua a rimanere per ore dinanzi alla sua console videoludica come la Nintendo, utile compromesso del mondo adulto che preferisce non essere disturbato. O ancora mi chiedo il grado di libertà ed autonomia di adulti che non riescono a reggere l’impulso compulsivo che li spinge a controllare, più volte ogni ora, la propria bacheca su Facebook.
   Si, uomini come Steve Jobs fondatore della Apple, hanno cambiato il funzionamento del mondo, aprendo nuovi canali di comunicazione, o ancora favorendo la creazione di progetti che hanno sostenuto la ricerca e l’applicazione in molteplici settori a beneficio dell’intero pianeta. Straordinario apporto che ha un solo limite: non può sostituirsi alle cose semplici della vita quotidiana. Bisognerebbe rispettarlo!

Comments (1) -

Giorgio Borelli
Giorgio Borelli Italy
24/01/2012 10:38:51 #

Davvero una bellissima riflessione, e sebbene sia un "informatico" concordo appieno. Spesso mi rendo conto che ho necessità di rapporto umano, e cerco tempo e spazi per recuperare quei contatti e quelle emozioni che solo un incontro reale può darti.
Senza neanche accorgermene però, questo tempo viene sempre meno, oserei dire rubato dal mondo tech e dagli impegni quotidiani, ahimè questa è la realtà.

Forse questo aneddoto può far riflettere ulteriormente:

ieri sera guardavo un reportage su Madre Teresa di Calcutta, si chiudeva con una frase della Santa, che amava dire: "Trovate un minuto per pensare, trovate un minuto per ridere, trovate un minuto per pregare".

Oggi nel 2012, forse Madre Teresa aggiungerebbe "Trovate un minuto per stare assieme".

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