L'obiezione ci rende liberi

by Mauro 9. marzo 2020 10:14

         “Nessuna obiezione sulle nostre scelte”, è una delle scritte che sono state affisse sui muri della nostra Città nella notte dell'8 marzo. C'è da chiedersi se la difesa della dignità delle donne contro ogni forma di sessismo e pregiudizio di genere possa essere celebrata attraverso uno slogan che, a nostro avviso, appare altrettanto violento ed ideologico. In primo luogo perchè si vorrebbe determinare la libertà di coscienza di un professionista che riconosce la necessità di difendere la vita del nascituro e, inoltre, perchè per affermare la propria libertà si pretende di sopprimere la vita altrui.

        Motti di questo tipo feriscono la dignità della donna facendo della maternità uno strumento di potere da esercitare su un essere umano fino alla sua estinzione. Sebbene anche dal punto di vista biologico sia ormai dimostrata l'autonomia dell'embrione, un certo pregiudizio ideologico non lo riconosce quale un essere umano  e ciò unicamente per difendere il proprio individualismo. 

       La madre così come il padre, in realtà, sono i custodi della nuova creatura e non i padroni. Sappiamo bene che a ciascuno è dato di essere veramente generati, a prescindere dalla origine biologica, dalla relazione di amore gratuito che è propria dell'essere genitori come avviene, ad esempio, per l'adozione. 

È per questo che pure la diagnosi prenatale per fini selettivi è frutto di una disumana mentalità eugenetica alla stessa stregua delle politiche sociali razziste che reputavano prive di valore le vite particolarmente fragili. Certo merita rispetto e sostegno la decisione di chi ritiene di non potere crescere in modo adeguato il nascituro di cui è già stata preannunciata una malformazione o una problematica grave ed è perciò che, non riconoscendolo come figlio, lo affida ad un'altra famiglia. Tale diritto di scelta della donna va rispettato e tutelato così come quello del nascituro di avere preservata la vita a prescindere dalla “normalità” diagnosticata.

Se proviamo a fare un giro nelle scuole elementari appare visibile a tutti la quasi totale assenza di bimbi Down e ciò perchè durante la gravidanza l'80% vengono abortiti dopo che un esame specifico ne ha individuato il difetto cromosomico. La mamma di Elisa, nella nostra Comunità, ci racconta che se avesse dato ascolto a quella prognosi la figlia non sarebbe mai nata e, paradosso del caso, la bambina è venuta alla luce perfettamente sana. E, ancora, mi commuove vedere il sorriso di Emanuele, un ragazzo con sindrome di Down, quando viene a prendere l'Eucarestia, i suoi abbracci così come le sue frasi semplici sono più convincenti di chissà quante omelie. Penso ai tanti, di questi sorrisi e incontri, a cui abbiamo rinunciato. 

Se la donna in nome di un sempre maggiore efficentismo perde la sua capacità di difedere i piccoli ed in particolare i più deboli, la Comunità umana perderà sempre più la coscienza critica capace di arrestare ogni forma di violenza e di discriminazione. 

Tornano in mente le parole di papa Francesco nella Evangelii gaudium a difesa dei piccoli: «Tra questi deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo» (Evangelii gaudium, 213).

In questi giorni di così grave prova, in cui il mondo intero cerca di arginare la pandemia del Coronavirus, ascolto il travaglio di molti medici che nel giro di poche ore potrebbero trovarsi a decidere a quali pazienti garantire i trattamenti di carattere intensivo e chi rimandare a casa a motivo della grave carenza di risorse sanitarie. È un conflitto struggente che rivela la sensibilità dell'animo umano e il bisogno di prenderci cura gli uni degli altri.

Proprio nelle settimane scorse è nata a Danisinni una nuova realtà, “Casa vera Icona” (www.casaveraicona.it ), un gruppo di persone che desiderano far ‘respirare’ ai bambini disabili, ma anche ai familiari che vivono una relazione di disabilità o autismo, dei momenti di gioia, libertà, spensieratezza. Uno spazio di vita, di supporto e dono vicendevole. Sono questi segni di speranza a raccontarci il reciproco bisogno di restare umani. 

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