Lo stupore di Francesco d'Assisi (2)

by Mauro 29. novembre 2012 18:00

        Troviamo il Crocifisso rivestito di un velo orlato d’oro così ome delle vesti sacerdotali, Lui è l’unico sacerdote cioè colui che offre se stesso, non altro da sé, per portare tutto al Padre.

        È questa la logica dell’incarnazione, l’essere umano da solo non riesce ad arrivare al cielo, la spiritualità non è questione di sforzo meramente fondato sulle forze umane. Proprio per questo è Dio a scendere, a farsi uomo, per accogliere a sé l’umanità intera. Ancora oggi, cadendo in uno spiritualismo antropocentrico, proliferano sette in cui l’uomo cerca di farsi grande per mostrarsi perfetto e porsi al di sopra degli altri ( e perciò autorizzato a farsi giudice del “peccatore”).

       L'episodio di Pentecoste in cui Dio si fa presente generando comunione e possibilità di condivisione si oppone a quello di Babele, ove l'umanità si trovava riunita al fine di costruirsi un nome in cielo attraverso le prorpie forze. Francesco diversamente contempla la tenerezza di Dio, l’umiltà di chi si fa tremendamente prossimo per far sentire l’altro accolto.

         È così che ogni essere umano nel riconoscere la propria fragilità può presentarsi comunque a Dio, certo di essere accolto da Lui. È questo il Mistero che Francesco contempla, questo sguardo gli permette di vivere la piena consegna di sé innanzi al Crocifisso.
         Troviamo, ancora, la testa del Cristo così come la corona leggermente inclinati fino a procurare un velo d’ombra  sul volto. L’umanità di Gesù vela la gloria di Dio, non è pienamente riconoscibile dai potenti di questo mondo, proprio perché di altro potere si tratta. È così che fin dalla sua incarnazione Cristo sarà accolto dagli ultimi, dapprima i pastori, quanti stanno a vegliare nella notte perché non “sicuri” di ciò che hanno, da quanti sanno fare spazio nel loro poco (come una mera mangiatoia); o, ancora, gli apostoli, uomini alla buona, fragili eppur capaci di mettersi in gioco per scoprire la verità della loro vita, uomini che si lasciano provocare pur non comprendendo.
         L’umanità ancora oggi vive il dramma di quel “velo”, incapace di fidarsi, perché vorrebbe controllare il più dei suoi giorni. Invece quell’ombra rivela come Dio si china, si mostra ma con fattezze nuove, dense di umanità, di vicinanza, di comprensione. E' questo annunzio che l'umanità ha bisogno per riscoprire il volto di Cristo. Quando durante una Missione i MdS allestono una Tenda della preghiera nel mezzo di una piazza, mostrano questa essenziale ombra di Dio che si rivela nella sua immediatezza a chi è disposto ad andare oltre le apparenze.
         Proprio dietro le braccia del Cristo appare una striscia nera, rappresenta il sepolcro vuoto, il luogo ove non c’è spazio per il credente. La tomba è vuota è questo il Mistero della Pasqua, le donne al mattino erano andate per cercare consolazione per aggrapparsi almeno alla certezza di un corpo inerme ma, almeno, comprovante l’esistenza del Maestro. Eppure non lo trovano, la certezza della fede è altra cosa, il passato non è il luogo della nostalgia, ancor meno il ricordo attraverso il quale piangersi addosso. Dio trae il bene dal male, la nostra storia diventa tutta storia sacra, neanche un istante andrà perduto per chi si apre all’oggi di Dio. La Pasqua è esperienza di fiducia nuova, ripartire certi che Dio si è fatto e rimarrà compagno di cammino. È esperienza di comunione, luogo in cui si è portati a vivere e portare un annunzio nuovo. È  il modo di stare nella vita a cambiare, il modo di guardare agli aventi e di gioire o disperare per ciò che solo conta.
          Tra i vari personaggi ivi raffigurati troviamo Maria. Lei sta alla destra di Gesù e il suo sguardo compassionevole è rivolto a Giovanni, il discepolo amato. Lei porta la mano alla bocca, è donna dello stupore. Ammira come le fattezze del discepolo riproducano quelle del Maestro, Maria è contemplata da Francesco quale “Vergine fatta Chiesa”. Ogni missione che sia tale, non può mancare della invocazione della intercessione della Madre, è lei modello di ogni missionario, è lei che per prima annunzia portando Cristo.

          La sua disponibilità, la sua consegna anche del figlio e non solo della sua stessa vita, la porta ad avere fatto spazio per tutti i credenti, la sua è una maternità che la porta a contemplare il volto di Gesù in tutta la Chiesa. Porta un mantello bianco e sotto un vestito rosso, da una parte la veste candida dei Salvati, è la veste pasquale, e dall’altra la veste dell’amore, non si conosce Dio se non passando per l’amore seppur, l’amore vero, connotato di sofferenza. Spicca anche una tunica viola ad immagine dell’arca dell’Alleanza. Essa custodiva le tavole della Legge, il Patto d’amore tra Dio e l’Uomo. Ora Cristo è la nuova Legge, un Patto scritto sulla sua carne, o meglio sul cuore appassionato di Dio. Un amore che anche sulla Croce non viene meno: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

            La Croce di San Damiano rivela l’eterna Amicizia tra Dio e l’uomo, una relazione per la quale Dio si batte, combatte fino alla morte per mantenerla e, anche se deve morire, questa relazione d’amore rimane oltre la morte.  È  questo il Mistero che Francesco contempla o, meglio, noi ne intuiamo solo una minima parte, e questa già basta a riempire il cuore.
 

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