Lo Spettacolare può attendere: passa la scena di questo mondo!

by Mauro 5. marzo 2014 14:30

          Inizia oggi un tempo speciale per i cristiani cattolici, è il tempo della Quaresima un itinerario di quaranta giorni rivolto alla Pasqua, compimento di un cammino che è già, per ogni battezzato, esperienza pasquale. L’itinerario quaresimale serve, cioè, a riscoprire quello che già si è ricevuto.
            La celebrazione di oggi inizia con il cospargersi il capo con le ceneri. Segno della precarietà umana, riconoscimento del proprio limite, da soli si è “come polvere” ma è Dio che dona l’alito di vita e chiama all’esistenza. È esperienza di umiliazione e questo piuttosto che una svalutazione è un riconoscere che ogni persona sebbene piccola è preziosa agli occhi di Dio. È questo uno dei nodi cruciali dell’esistenza umana: cercare di essere preziosi per qualcuno, e questa ricerca porta a “svendersi” in base alle offerte di turno. Aprire gli occhi dinanzi al proprio valore è il senso dell’itinerario quaresimale, riconoscersi figli del Padre è l’esperienza liberante che porta alla celebrazione della Pasqua.
      Il Vangelo di Matteo (6, 1 – 6. 16 – 18) oggi viene a mostrare le caratteristiche di questo riorientamento che passa per tre opere di giustizia. Con il termine “giustizia” Israele intende il compiersi della volontà di Dio, che è Bene per ogni creatura, giustizia pertanto equivale a condivisione e a riconoscimento reciproco della propria dignità di figli di Dio.
        Il Vangelo esordisce così: “Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini”. Di fronte alla cultura dell’immagine il Vangelo denuncia che la vita non è questione di apparenza ma di relazione autentica. Il mondo esteriore invece è parecchio spietato: vali se riesci ad apparire e, questo, solo per il momento presente. Domani potresti essere totalmente dimenticato. È la relazione interessata, alimentata dall’egoismo, dal sentirsi qualcuno, e ciò anche nelle cose “buone” che si fanno: per dirsi o sentirsi dire “complimenti tu si che sei …”.
        Si pensi ai bambini che fanno le cose perché i grandi applaudono, è un riconoscimento prezioso e funzionale alla loro crescita e ad acquisire fiducia in sé stessi. Il problema nasce quando anche da adulti si agisce secondo la stessa logica!
       Il Vangelo elenca tre opere religiose (elemosina, preghiera e digiuno) che dovrebbero esprimere la giustizia. Per giustizia Israele intende il sentire, la volontà, di Dio che è il Bene per ciascuno. Pertanto praticare la giustizia significa condividere, dare spazio, accogliere, perdonare, favorire il ben-essere dell’altro.
       “Quando fai l’elemosina non suonare la tromba dinanzi a te”. Per elemosina non si intende il dare un “di più” piuttosto esprime lo spartire ciò che si ha. Ogni 50 anni in Israele l’anno giubilare sanciva la redistribuzione delle terre in modo che ognuno ne avesse una parte, la terra era considerata proprietà di Dio e pertanto bene comune. La sussistenza dell’altro, pertanto, era concepita come legata alla solidarietà di tutti. È proprio per questo che i profeti denunciano il popolo d’Israele perché si era appropriato della terra, lasciando morire di fame i mendicanti. Ci interpella parecchio tutto ciò, sappiamo bene che è quel che accade ai nostri giorni!
         Ancor di più nel nostro sistema capitalista perdere il valore della solidarietà e corresponsabilità ha portato a chiudersi nella brama di sempre maggiore ricchezza, è così che per amore di guadagno si è finito con il deturpare il creato con la speculazione edilizia, l’inquinamento, lo spreco, la non curanza del bene comune. Ogni cassonetto che nella nostra Palermo di notte viene bruciato sintetizza la rinuncia a questo rapporto di cura e custodia. O, ancora, pensiamo a tutte le lotte intestine che coinvolgono le famiglie o i vicini e che portano a guastarsi il dono della propria vita. 
         Eppure l’invito è a “non suonare la tromba come gli ipocriti”. L’ipocrita in teatro è il protagonista e quindi ha gli occhi di tutti puntati su di lui. Gesù invita a non cercare questo tipo di rispecchiamento che diventa un modo di darsi valore attraverso lo sguardo degli altri o il proprio. L’esperienza relazionale con l’altro e con se stessi, questa è la proposta, dovrebbe essere preceduta dalla relazione con il Padre. È il suo sguardo che ci da importanza, ciascuno vale tanto quanto vale innanzi a Lui, e Lui a valutarci molto più di quanto potremmo fare noi, il suo parametro è dato dal suo cuore che non ha misura d’amore. Ma questo passa per il riconoscimento del proprio limite, fino a quando saremo portati a cercare sguardi per trovare appagamento allora rimarremo in una sorta di ego-centrismo che ci fa implodere e non ci apre ad un respiro molto più ampio e che fa gustare la gioia del dono senza merito, del perdono verso l’altro, della gratuità e della gratitudine.
         È per questo che il testo rimanda ad un continuo fare “nel segreto” c’è un’interiorità nell’uomo che va riscoperta, non siamo fatti per una vita di superficie, questa ci strappa il gusto dell’esistenza.
        La preghiera è da considerarsi come postura interiore nello stare di fronte a Dio e non di fronte all'uomo. È in questo rapporto che impariamo a diventare noi stessi, figli del Padre, amati senza misura e pertanto ricchi di Lui. Questo apre agli altri con senso di fraternità e non di competizione, l’altro è accolto e riconosciuto ma ciò è possibile perché non è il mio criterio di misura ma perché vi trovo il riflesso di Dio.
          Il digiuno acquista un valore straordinario e non come ricerca estetica o moralistica, “guarda come digiuno, io sono il migliore”, ma come spazio dato a ciò che davvero nutre la propria vita. Non possiamo confondere il cibo con la vita, per amore di ricchezza e cioè di mangiare di più (la bramosia dei possessi) uomini perdono la propria esistenza, la sciupano per la materia.
          A riguardo contrastiamo con la pubblicità che viene a stimolare i sensi dell’uomo, induce a nuovi appetiti che, man mano, imbrigliano la libertà umana.
         Ecco l’itinerario quaresimale è tempo di liberazione, di uscita da ciò che blocca il cammino di vita, da ciò che schiaccia l’esistenza umana. Trovare il proprio limite è cogliere la via che conduce alla vita piena.

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