Laboratorio di vita quale spazio per sentirsi e pensarsi

by Mauro 13. July 2014 20:35

        È così che abbiamo concluso il Laboratorio di questa stagione estiva, con l’appellativo Rainbum il gruppo dei giovanissimi si è lasciato attraversare, fluidamente (rain), dai contenuti che man mano emergevano durante le giornate ed è arrivato ad esprimere (bum) il proprio potenziale creativo integrando nuovi aspetti di sé che nell’arco della settimana sono emersi.
          Il Laboratorio di vita ha la caratteristica del work in progress ove l’allenamento alla spontaneità è già un pre-requisito dell’equipe di conduzione che, in tal modo, rimane aperta alla sintonizzazione con il gruppo.
           Il percorso di esplorazione, infatti, si snoda attraverso la base relazionale che il gruppo crea a partire dai primissimi momenti in cui lo spazio di gioco, definito quale cerchio d’interazione all’interno del quale vale il riconoscersi a vicenda, assume la valenza simbolica di contenimento/contenitore di racconti di vita.
         Ogni adolescente trova così uno spazio privilegiato per esplorare e recuperare l’equilibrio dinamico tra mondo interno e mondo esterno, si permette cioè di esprimere e condividere i propri vissuti accogliendo le restituzioni degli altri.
         Il confronto con il Vangelo offre la pro-vocazione di partenza, per avviare l’ascolto di sé e l’entrare in relazione. E, secondo il metodo psicodrammatico, il gruppo viene accompagnato in un continuo alternarsi di momenti individuali e gruppali, tempi di messa in gioco e di integrazione.
            Si crea cioè uno spazio d’interazione ove sperimentare la ricchezza dell’incontro con l’altro ed attivare un processo di simbolizzazione e di rilettura del proprio vissuto. Questo è reso possibile proprio dalla espressione creativa, che non consiste tanto nel “fare” quanto nello “stare” in relazione con l’altro. Atteggiamento per certi versi assimilabile allo stupore ed interesse propri del neonato quando guarda con meraviglia ciò che ha dinanzi o quando prolunga il suo pianto per coglierne le sfumature sonore e così imparare ad ascoltarsi e a contenersi avvertendo la presenza e la custodia dell’altro.
        La creatività propria del Laboratorio, fa sì che l’adattamento non sia mai spersonalizzante, e cioè mero compiacimento o adeguamento alla realtà esterna senza possibilità di espressione originale. Nella esperienza creativa troviamo un continuo dinamismo tra essere e avere, un esprimersi e venir fuori per poi tornare in se stessi.
        Nel momento in cui il percorso di rispecchiamento viene a perdere la sua vitalità la persona rischia di cristallizzarsi nel “già fatto” e di identificarsi stabilmente con esso, perdendo così la sua capacità creativa, che è continua novità d’essere. Il confronto con il Vangelo, a riguardo, è dirompente proprio perché interpella l’originalità di ogni persona.
        Comprendiamo bene come simile percorso sia “controcorrente”, il grande mito del nostro tempo vede la propria identità viene delegata all’immagine pubblica, a ciò che si è fatto o a ciò che si rappresenta, col conseguente rischio di ridurre il “volto” all’apparenza, in base a ciò che si ha o si può dimostrare. L’adolescente paga con un’enorme quota di sofferenza il prezzo di questa pressione sociale. Arriva finanche a sacrificare  l’immagine di sé a beneficio della componente sociale o, al contrario, rifugge  l’immagine pubblica, considerata minacciosa, attraverso un eccessivo ripiegamento su se stesso.
        La proposta dei Laboratori maturata nell’arco di un ventennio favorisce processi di consapevolezza che insieme alla spontaneità e all’intimità permettono di raggiungere maggiori livelli di autonomia, contatto con le proprie sensazioni corporee e con gli stimoli esterni, permettendo il “sentire” pur rimanendo ancorati alla realtà!

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