L'abitare questo mondo

by Mauro 20. dicembre 2020 12:55

La questione dell’abitare è assai preziosa per noi umani. Traduce il bisogno di casa, di garanzie e continuità nel tempo, il bisogno di un luogo protettivo in cui ritrovarsi a fine giornata, nei tempi di sosta che danno gusto e senso alle cose, così come nei momenti più duri in cui abbiamo bisogno di respirare.

In modo improprio ne abbiamo fatto una questione di eccedenza, legata alle comodità in esubero, secondo un criterio di perfezione e di quantità che, di fatto, finisce col rendere i luoghi abitati degli spazi anonimi. Non è perfezione l’odore di casa, di un soffritto appena preparato o del caffè in moka, non è molto il condividere gli stenti di una cena riuscita a rimediare con le proprie risorse di fine mese, non è eccellenza l’andare in giro con una macchina datata o un cappotto che si mantiene buono malgrado gli anni, eppure tutto questo racconta dell’abitare e della dignità di come è possibile camminare in questo mondo.

Il tema è di rilievo nella Scrittura, proprio perché puntualmente il popolo d’Israele cerca di creare dimora e questa è contrassegnata dal luogo da preparare a Dio. Lui che è già riconosciuto presente nei Cieli e in ogni passo della storia, man mano, si mostra prima nella tenda che conteneva l’arca dell’Alleanza con le tavole della Legge e, poi, nel tempio sul monte Sion. A quel punto Gerusalemme diventa la città di Dio e i re, con i sacerdoti, Suoi amministratori.

Nel tempo anche quel luogo divenne pretesa di imbrigliare Dio in uno spazio sicuro capace di garantire potere e riconoscimento sociale. Nell’ambito religioso è possibile scadere in una ricerca garantista e, ciò, equivale a perdere la fiducia in Dio. Gesù reagirà  a questo stato di cose e, perfino, annuncerà la distruzione del tempio.

Nei giorni presenti la liturgia e la storia che attraversiamo ci chiedono di attendere l’avvento di Dio che rimane vicino al popolo in cammino e ci viene consegnata una nuova lettura che viene  dalla compagnia del Re-Messia nato per noi. È Lui ad entrare in relazione dapprima con una giovane creatura, Maria, che è chiamata ad andare oltre il calcolo. Interessante notare come all’iniziale turbamento destabilizzante segue il suo  “si” e cioè la disponibilità che permette l’abitare di Dio.

Lui da quel momento potrà stare in mezzo a noi con un fare nuovo, si è aperta una esperienza di intima comunione da cui scaturisce la vita del nuovo popolo di Dio chiamato a custodire la Sua presenza attraverso la missione quotidiana. Si tratta di una testimonianza che non è un mero custodire qualcosa dentro ma un lasciarsi penetrare intimamente fino a lasciare assumere ogni parte di sé.

L’esistenza di ciascuno potrebbe dimenarsi in una sorta di lotta volitiva per stare in questo mondo dimenticando che l’esserci è cammino verso la meta, ed è un andare oltre per immersione che avrà pienezza nel Cielo e cioè l’unica dimora in cui potere condividere, in pienezza, la relazione d’amore.

Ci scopriamo fragili in questo itinerario e ciò non deve farci paura, Lui si è fatto povero per rivelarci come malgrado le apparenze della storia è l’amore a trionfare su ogni male e su ogni pretesa di arrogante vittoria.

Pensiamo a Maria come era debole, eppure ha fatto tutto ciò che era necessario. E, ancora, facciamo memoria di Giuseppe, lui che è stato chiamato ad accogliere mettendo da parte orgoglio o rivendicazione alcuna. La loro è stata una missione silenziosa, si sono presi cura di Gesù nel quotidiano e hanno dato possibilità all’abitare di Dio di crescere per poi consegnarlo all’umanità.

Rileggiamo, dunque, i nostri giorni. Tempi difficili per la pandemia ma ugualmente segnati dalla presenza di Dio in ciascuno di noi, fino alla totale identificazione. Oggi è ancora più eloquente che Lui si è fatto noi!

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