La vita, una questione di priorità

by Mauro 3. agosto 2013 17:43

      Abramo sceglie di custodire la fraternità. Considerato che i suoi collaboratori e quelli del cugino Lot stavano a litigare animosamente per chi dovesse occupare le terre, Abramo chiede a Lot di scegliere la terra che vuole per sé. Il cugino decide di prendere la parte pianeggiante e fertile mentre, di conseguenza, Abramo va nella regione desertica per evitare che ci siano ulteriori contese tra i due gruppi.
        L’episodio biblico racconta di come l’essere umano possa dare priorità alle cose rispetto che alle persone. Abramo in quel gesto di estrema libertà che gli fa rinunciare “agli averi” mostra il primato che dà alla relazione, al rapporto con il fratello. Il centrare la propria vita nelle cose da possedere comporta un erigere barriere difensive o aggressive nei confronti dell’altro. La generosità, la capacità di condivisione e di gioire per il ben-essere altrui, è propria degli uomini che si aprono alla vita percependola come dono e scoperta, avventura legata all’esserci, allo stare in relazione percependo se stessi e l’altro come dono.
        In questa prospettiva ciò che si ha è strumentale alla condivisione, alla crescita comune e al dare vita. Nella prospettiva opposta, centrata sull’avere, i beni diventano motivo di contesa e competizione, l’altro è colto come un nemico a cui togliere vita per custodire la propria.
         Nel Vangelo di Lc 12, 13-21 che la Comunità cattolica medita in questa domenica Gesù risponde alla domanda di un tale che gli chiede di fare giustizia tra lui e suo fratello in merito all’eredità che gli spetta. Gesù dapprima dice di non essere giudice, non si tratta di ripartire le cose della vita attraverso un giudizio esterno come se fossimo dei bambini, ma di trovare dentro noi stessi le motivazioni che spingono a vivere in un determinato modo anziché in un altro. Gesù dice che la vita non dipende dalle cose che si hanno e per spiegare ciò racconta una parabola.
        Un uomo ricco trova un grande raccolto nella sua terra, è il dono che altri hanno lavorato, i suoi dipendenti. Lui è già ricco eppure si chiede cosa fare del di più che ora arriva. Decide di costruire granai ancora più grandi per avere una vita felice, riposare e godere. Quest’uomo ha consegnato la sua gioia e la sua storia a questo “di più”. È la vita di tanti che si angustiano per ciò che non hanno, dimenticando ciò che già sono. Il fare di chi guarda la vita come ad un perenne possesso, gente nervosa, bramosa di avere, incapace di gioire per il bene altrui, della gioia dell’altro. È l’umanità che ha deciso di rimanere chiusa in se stessa o di fare della propria cerchia di “amici” una lobby di potere per sottomettere gli altri.
        L’umanità non si suddivide in padroni e sottomessi ma in uomini poveri, perché prigionieri della brama di avere, e uomini liberi, grati per il dono della vita. All’uomo della parabola viene detto “stolto” perché il frutto del suo agire sarà la contesa dei suoi figli, anche loro come il padre si contenderanno gli averi.
        La qualità della vita di chi decide di con-dividere è certo più ricca, si tratta di una leggerezza d’essere che appartiene a chi coltiva l’entusiasmo della scoperta, di chi costruisce la vita ogni giorno non dando nulla per scontato, è la gioia di chi sa fermarsi per ascoltare e contemplare la bellezza che lo circonda. È l’atteggiamento dell’uomo che esce dai compromessi, non si accontenta del poco, di quella mediocrità che diventa omertà innanzi alle ingiustizie o ricerca del “quieto vivere” a costo di sacrificare l’altrui vita. Ricco è colui che sa perdere qualcosa per scegliere l’altro.
 

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