Ieri sera insieme ad un gruppo di giovani Mds del piccolo centro dell’agrigentino in cui attualmente vivo, mi sono trovato a riflettere sul vile attentato della mattina, quando a Brindisi le ragazze della Scuola per operatori dei Servizi sociali, intitolata a Francesca Morvillo e al marito Giovanni Falcone, sono state devastate dall’esplosione di una bomba.
Sebbene non sia ancora chiara la matrice del vile attentato certo è che viene dettato dalla follia umana, dalla falsa convinzione che la violenza possa far ottenere qualcosa. È ancora nitido in molti di noi il ricordo delle bombe che negli anni ’90 hanno ferito la nostra Palermo. Da lì un grido di riscatto e di riscoperta della nostra identità si è alzato non solo dall’intera isola ma ha toccato tutte le regioni d’Italia e la carovana della legalità che in questi giorni sta attraversando tutta Italia per arrivare il 23 a Palermo ne è un indicativo segno.
Questa riflessione ha una risonanza ulteriore oggi, Domenica in cui la comunità cattolica celebra la solennità dell’Ascensione. Un evento che aiuta a trovare direzione, a riscoprire come guardare il mistero della vita. Il Dio cristiano mostra una straordinaria pedagogia sino alla fine, ora dice ai suoi di non rimanere a guardare in cielo. Al mattino di Pasqua l’indicazione era stata quella di non stare a cercare, guardare, tra i morti colui che è vivente, e ora mentre ascende al cielo dice “io rimango con voi”.
Sembrerebbe paradossale : mentre si volge lo sguardo verso una tomba Lui dice di essere il vivente, e mentre parte dice di rimanere in mezzo a noi . Eppure è questo atteggiamento che permette all’essere umano di riconoscersi adulto, è una indicazione, un orientamento volto alla adultità.
Ma cerchiamo di comprendere più da vicino: al momento dell’ascensione Gesù benedice i discepoli, la benedizione è proprio il segno della trasmissione, della consegna della propria identità. Nella Scrittura è il morente a benedire chi resta in vita, i figli ricevono la benedizione dai padri, i re benedicono i successori prima di lasciare il trono, i profeti i loro discepoli che iniziano il ministero. Viene trasmessa l’identità, l’eredità, il ministero, il nome e con esso la gloria. Il nome indica l’identità, esprime chi un uomo è, di cosa vive, e la gloria ne indica il valore, il peso specifico. Dio si fa da parte, non rimane in modo paternalista, cioè con atteggiamento di benevola superiorità e di esibita sollecitudine verso il figlio che implicitamente viene ritenuto incapace.
Così è di chi sta a guardare in cielo attendendo continue risposte dall’alto con modo fatalistico dimenticando la verità che porta ascritta dentro. E non si tratta neanche di distogliere lo sguardo dall’alto per rimanere ripiegati su se stessi con saccenza egolatria, bensì intendo l’atteggiamento di chi entra nel mistero della vita fronteggiandola a piene mani, consapevole di potersi avventurare solo condividendo con altri e mai da solo. S. Agostino fa riferimento ad una seconda incarnazione propria del cristiano che accoglie nella sua vita la proposta del Maestro.
Qualcuno afferma che la vita non è un’etica ma un’estetica. Come a dire che è l’attrazione che ci muove, questo è profondamente vero, è il gusto di Dio a muoverci verso di Lui ma è anche vero che l’etica ci permette di affinare i sensi, e cogliere ciò che realmente ci fa bene. Un cocainomane è mosso da un’attrazione ma questa giorno dopo giorno gli distrugge la vita. Possiamo muoverci e stare nella vita se affiniamo il gusto, se cogliamo la bellezza che è dentro e fuori di noi, se accogliamo il dono del Mistero insito nella vita. Ascensione significa accogliere, l’eredità di Dio, il suo Amore, il suo riconoscerci figli si ma adulti, cioè capaci di costruire il Bene. È questa responsabilità che viene affidata ai cristiani, è il suo potere ad essere donato.
È vero potrebbe subentrare la paura, lo scoppio di una bomba, la minaccia di un taglieggiatore, o ancora attrattive allettanti quale un suggerimento di un facile guadagno, la proposta di potere subordinato a logiche clientelari, tutte occasioni per sentirsi al sicuro e che potrebbero indurci a deresponsabilizzarci rimanendo a guardare in alto o chiuderci guardando luoghi di morte. Questi atteggiamenti potrebbero avere la meglio sulla proposta ascensionale quella di chi accetta la provocazione della vita e accoglie l’onere della propria missione.
Oggi meditiamo la responsabilità della nostra vita, il compito che abbiamo nei confronti degli altri soprattutto quanti ogni giorno sono minacciati e feriti dalle tante traversie. È anche per questo che con i Mds abbiamo scelto la città di Termini Imerese per vivere in estate l’esperienza della missione estiva.
Un luogo che in modo esemplare esprime la ferita che la Sicilia si trova a vivere nei nostri giorni, la destabilizzazione familiare accentuata dalla crisi economica e dalla disoccupazione, le logiche criminali che vorrebbero avere il sopravvento in un tempo in cui si sperimenta tanta fragilità. Proprio per questo l’evento estivo si rivolge alle famiglie, ai giovani, ai bambini e a tutti coloro che potrebbero avere smarrito il senso e la direzione della loro vita.
Un’esperienza per sostenerci a vicenda e cercare insieme la Luce da cui è possibile una nuova creazione, la luce che può permettere a ciascuno di riscoprire la propria missione.