by Mauro
8. March 2015 00:19
Il mondo cattolico attraversa in questi giorni il tempo quaresimale, itinerario per rifocalizzare la meta della propria vita. Quella del viaggio appare come una metafora interessante per qualificare l’esistenza personale di ogni individuo e porta con sé la necessità di una meta verso cui spiegare le proprie vele. La pagina del Vangelo (Gv 2, 13-25) che compare in questa domenica sembra capovolgere le ordinarie prospettive di vita, appare come una provocazione volta ad instaurare una relazione del tutto nuova con Dio. È questo il senso del gesto di Gesù nel ribaltare i banchi dei cambiamonete o nello scacciare gli animali che venivano venduti per il sacrificio al tempio. Contesta un modo di rapportarsi a Dio e alle questioni della vita ove la fede religiosa è solo un contorno ma la centralità è data a ben altro.
L’episodio è ambientato nei giorni della Pasqua, la festa principale per Israele, quando in tanti si recavano in pellegrinaggio a Gerusalemme per presentare la loro offerta al Tempio. Erano circa centomila persone e venivano immolati almeno quindicimila agnelli. Si trattava di un gran giro d’affari, comprendiamo bene, se solo si pensa che Gerusalemme abbracciava un’area che potrebbe corrispondere alla distanza tra piazza Danisinni e piazza Zisa qui a Palermo, per cui in tanti si industriavano per fare la loro “fortuna”. I cambiavalute, ad esempio, cambiavano la moneta romana perché riportava l’effige dell’imperatore (e di conseguenza non poteva entrare nel tempio perché considerata impura) con dei tassi molto bassi, accadeva cioè che il mercato aveva assorbito il tempio: era l’economia a stare al centro!
Sembrerebbe di scorgere, in quest’immagine, quel che accade ai nostri giorni, tempo in cui le città non nascono più attorno alla Chiesa Madre ma al Centro Commerciale, la nuova “Cattedrale del consumo”! Viene proposta una nuova qualità di vita che trova nutrimento proprio nell’economia e negli acquisti sempre più compulsivi, cioè non legati ad un reale bisogno.
Ancora ricordo il forte impatto emotivo avuto quando, sulla Quinta Strada a New York, ho trovato il Rockefeller Center con la sua magnificenza ed altezza dominare su tutto il quartiere e proprio di fronte, inglobata dagli altri palazzi, stava la Cattedrale Saint Patrick , il centro del cattolicesimo della regione. Una piccola chiesa di fronte ad un colosso che rappresenta il simbolo dell’impero economico; è uno spaccato, questo, che mostra plasticamente la sproporzione su cui si sta costruendo il pensiero e la qualità di vita della società contemporanea.
Gesù reagisce a questo orizzonte: l’uomo schiavo dei suoi affari, talmente inghiottito da subordinare ai propri guadagni anche il culto religioso. Quest’ultima è una tentazione che potrebbe insinuarsi anche nelle nostre Comunità ed è quel che accade quando i sacramenti vengono “tassati” in modo esoso per potere accedere alla “bella” Chiesa!
Gesù dirà «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». Sta dicendo un qualcosa di straordinario: per la prima volta rivela il volto di Dio quale Padre, ed è questa relazione che Israele abbisogna di scoprire. Se consideri Dio quale Padre allora non hai più bisogno di cercare “valore” nel farti grande attraverso i tuoi affari: è l’essere figli del Padre a rendere grandi. E questa esperienza potrà essere realizzata solo per mezzo dell’offerta che il Padre farà del Figlio suo.
Gesù, pertanto, purifica la casa del Padre a prezzo del suo sangue cioè attraverso il dono della propria vita. Non sarà più necessario altro sacrificio per avvicinarsi a Dio: Lui si stesso si avvicinerà all’uomo offrendo pienamente se stesso.
L’offerta sulla Croce, pertanto, ha una connotazione del tutto inedita: fino ad allora lo sforzo umano era quello di ascendere a Dio attraverso il proprio impegno, che simbolicamente veniva espresso dall’offerta dell’animale immolato per propiziarsi Dio e potere avere “diritto” ad usufruire del nutrimento e dei beni della terra. Ora è Dio a darsi in cibo all’uomo per portarlo, poi, a sé. È la dinamica propria del Sacramento: Dio discende attraverso lo Spirito, assume la realtà umana e la santifica elevandola a sé.
Sta di fatto che il tempio di Gerusalemme, il fulcro della religiosità d’Israele che custodiva le Tavole della Legge nella stanza più interna denominata “Santuario”, era diventato il principale centro commerciale del Paese, lì i cambiavalute rappresentavano come una grande banca per i commerci.
Nel Vangelo Cristo identifica la Casa-Tempio con il suo Corpo, sarà Lui a risorgere “dopo tre giorni”, abbattendo ogni muro di separazione, tra morte e vita così come tra cielo e terra. Non è più possibile separare ciò che appartiene alla propria relazione con Dio da ciò che appartiene al rapporto che ciascuno ha con gli altri o con le cose della vita. Questa scissione darebbe luogo ad un’ambivalenza di fondo, ai compromessi con la corruzione o l’indifferenza pur dichiarandosi cristiani. È la vita nella sua interezza ad essere assunta da Cristo, le questioni della vita, gli “affari” di turno, da lì in poi dovranno essere impregnati del sapore cristiano, della sapienza evangelica.
In questa domenica in cui ricorre la giornata internazionale dei diritti della donna, la Scrittura ci suggerisce di lasciarci interpellare dal tratto materno e di custodia proprio del genere femminile. Le nostre società sembrano abbrutirsi perché hanno smarrito il senso della cura e della custodia dell’altro così centrati, come siamo, su noi stessi.
La vita non è più colta come pellegrinaggio verso una meta di comunione e di condivisione ma come un vagare ove la persona è trattata come un oggetto da usare al momento del bisogno. È ben altra l’esperienza a cui è chiamato ogni essere umano secondo la prospettiva cristiana: ritrovare la bellezza delle relazioni che muovono dalla gratuità cioè dal donarsi per amore all’altro, dal fare spazio per accogliere anziché entrare in competizione.