La Vita in Gioco 1

by Mauro 29. aprile 2012 19:00

       Con questo post diamo inizio al ciclo di incontri LA VITA IN GIOCO. Appuntamenti  formativi on-line volti alla riflessione-confronto per tutti i Missionari di strada in preparazione alla prossima Missione estiva che si terrà a Termini Imerese dal 5 al 12 agosto.

       Un itinerario che avrà come pro-vocazione il Vangelo proposto nella Domenica, così come la lettura dei fenomeni che attraversano la nostra vita ed in particolare il nostro territorio. Aree tematiche differenti, che ci permetteranno di confrontarci con il nostro Oggi e di preparaci alla Missione che non è soltanto un’animazione ma un modo per creare Contesti di comunione e di riflessione partecipata. Pertanto ci prepareremo alla Missione estiva riflettendo insieme sugli accadimenti della vita e faremo strada condividendo i nostri punti di vista e le nostre proposte per essere agenti di cambiamento e di fattiva presenza sociale.
           Questo primo incontro trae spunto dalla metafora del bel pastore che il Vangelo di questa domenica (Gv 10, 11-18) ci propone. L’immagine   risponde al bisogno profondo che ogni essere umano porta dentro: il bisogno di relazioni autentiche, vere e non di convenienza, fondate sull’amore per sempre e non sul breve termine. E' il bisogno di Unicità e di Appartenenza ad essere in gioco.
          Le ferite più profonde sono proprio quelle che scaturiscono dai legami spezzati, dal mancato riconoscimento/rifiuto dell’altro. E questo è ancora più doloroso se accade quando c’è bisogno di un appoggio, di un sostegno da parte dell’altro a motivo della propria fragilità.  Ricordo ancora il dolore di una donna che è stata abbandonata dal proprio sposo dopo che hanno scoperto la grave malattia da cui lei era affetta. Si, nel momento in cui il legame ha un peso maggiore, è proprio lì che si ha maggior bisogno di sostegno.
         È il dramma di molte famiglie che si sfasciano quando si attraversa una crisi, o di altri che rinunziano a vivere quando si sentono sovraccaricati dalla loro esperienza di vita. Anche il fenomeno depressivo sarebbe riconducibile ad un mancato appoggio e alla soluzione di ripiegarsi su se stessi per trovare un minimo contatto e sostegno di cura.
         Tornando all’immagine evangelica, il racconto del bel Pastore svela questa profonda verità: la vita non abbisogna di mercenari eppure l’umanità sembra andar dietro proprio a chi vende riconoscimento a prezzo di qualcosa, a chi elargisce amore condizionato, “se sei” o “se fai” vai bene!
         Conosco il dramma esistenziale di molti adolescenti che alla ricerca dello sballo, per non sentire il travaglio esistenziale o per sentire altro, non sono più liberi di vivere senza qualcosa che da appoggio è diventata una vera e propria schiavitù.
         Ogni persona cerca la libertà, siamo fatti per essa, solo che questo anelito viene confuso con l’assenza di un limite, di un recinto. In fondo il ruolo paterno, come etimologicamente esprime il termine, intende il porre un recinto, un limite appunto. Questo fa paura, come se la vita fosse impedita: eppure se c’è un limite si può percorrere una strada, un andare oltre, altrimenti si rischia di trascorrere la propria storia girando a vuoto, ritrovandosi sempre al punto di partenza. Nel passo evangelico in questione, veniamo identificati come “gregge”, ciò esprime proprio il limite, lo stare dentro un recinto, ma non ha una valenza negativa. Piuttosto indica l’importanza che ha per il Pastore, tanto da valere più della propria vita. Il latino pecunia che indica il denaro deriva da “pecus” che traduce il termine “gregge”. Il Pastore ha i suoi preziosi proprio nel gregge, che non ha un prezzo, non gli può essere strappato. Il Pastore difende il gregge con la sua Vita, come a dire, gli da un prezzo: la propria vita. Interessante notare che la sua Vita è l’Amore.

         L’umanità sembra aver perso la fiducia nella gratuità dell’amore, forse anche per questo fa fatica a riconoscere vero l’annunzio dato da Gesù. Lui si mostra come pastore che custodisce il gregge andando avanti e custodendolo dai lupi. Questo è il nodo dell’amore: credere in questo tipo di amore significa compromettersi totalmente. Intendo dire che normalmente siamo abituati a vedere pastori che stanno a spingere, a fare pressione alla vita di altri ma che  non vanno in avanscoperta, mandano semmai i cani, ma stanno dietro il gregge per ripararsi da eventuali aggressori e magari avere  il tempo di fuggire.

         Il Pastore che sta innanzi è quello disposto a farsi ferire ed anche, se necessario, a dare la propria vita. Questo significa custodire l’altro. In fondo Gesù sta dando finalmente risposta all’insoluto interrogativo posto da Caino, e che attraversa la storia dell’umanità di tutti i tempi, dopo avere ucciso il proprio fratello: “Sono forse io il custode di mio fratello?”
         È proprio questo il punto, siamo chiamati a custodire l’altro che ci è affidato, non possiamo abbandonarlo lasciandolo morire. Accettare che qualcuno può amarmi fino a dare la vita per me significa accettare che anche io possa fare lo stesso per il prossimo. È per questo che il cristianesimo si oppone ad ogni logica individualistica, ad ogni sorta di potere di pochi che va a discapito di altri.

          La vita viene intesa come VOCAZIONE perché chiamata ad uscir fuori, a non vivere da ripiegati su se stessi. Il metro non è più la mera convenienza come a dire “non mi conviene più…”, come se il non perderci qualcosa possa determinare le scelte della vita. È vero proprio il contrario per scegliere devi perderci qualcosa e in fondo ciascuno possiede solo ciò che ha già donato.

          La fraternità dei Missionari di strada è mossa da questa spinta, il movente che ci porta per strada ha inizio proprio con questa esperienza, il sentirci custoditi ed al contempo sentire la responsabilità della custodia degli altri. Sentirsi custoditi inoltre equivale a sperimentare la propria Unicità, l'essere chiamati per nome; il sentire la responsabilità per l'altro significa Appartenere, non sentirsi soli, ma appartenenti alla specie umana, è un appartenere che sostiene il cammino di ogni singolo, anche se appartenere comporta anche la possibilità di essere feriti, respinti, non riconosciuti dall'altro. E Tu, dove sei?

 

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educativa di strada | Incontri culturali | Ricerca di Dio

Comments (4) -

Piero
Piero Italy
29/04/2012 22:54:31 #

"la Pietra scartata dai costruttori è diventata la Pietra d'angolo". Oggi questo versetto del salmo ha risuonato tanto nel cuore quanto nella mente... questa "pietra" che ha un Nome proprio, Gesù prima scartato dagli uomini, dai sommi sacerdoti e da tanti altri ad un certo punto viene posto come Pietra angolare, come punto di riferimento che occupa uno spazio decisivo, significativo. Il Padre lo ha risollevato prima, e innalzato dopo, sopra ogni uomo che lo ha schiacciato per terra esercitando un potere illusorio e temporaneo.
Mi è venuto in mente a tante pietre che quotidianamente vengono scartate dall'egoismo, dalla superficialità, dall'arroganza di prevalicare l'altro, dall'abbandono esercitato sull'altro, dalla trascuratezza, dall'invisibilità esercitata ancora sull'altro, dalla svalutazione, dal non riconoscere l'altro.
Proprio in tutte queste vicissitudini del nostro vivere quotidiano, silenziosamente queste piccole pietre mal-trattate consentono di costruire legami significativi, consistenti di Amore, proprio perchè attraversati dal dolore interiore. Queste pietre scartate divengono pietre vive. Pietre che insegnano a piangere, che insegnano a vivere i sentimenti che ne derivano da queste esperienze. Pietre che divengono gli elementi essenziali per poter accogliere e ridare vita ad altrettante pietre scartate...Attraverso l'esperienza dell'essere scartati, rifiutati paradossalmente si acquisisce un valore aggiunto rispetto all'altro. in che senso?! Beh! Quando nasce il desiderio di non identificarsi in coloro che hanno la tendenza a scartare, quando nasce il desiderio di "riparare", di amare le parti rifiutate dell'altro proprio perchè si è fatta esperienza diretta. Ecco che seguire questi moti dell'anima ci consente di acquisire quel valore aggiunto di cui parlavo. La sofferenza insegna, le ferite diventano preziosi frammenti di esperienza che può facilitare l'accoglimento delle ferite dell'altro. E' questo breve stralcio di vita vissuta in strada con la fraternità dei missionari di strada che mi ha consentito di riflettere sulla preziosità dell'altro così com'è indipendentemente se è "dentro" o fuori dal "gregge". Mi sono sentito confermato a stare anche con chi vive "al di fuori dal gregge", per poter condividere che i confini rappresentano una risorsa nella misura in cui permettono un processo di definizione di Sè e dell'altro.  

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Silvia
Silvia Italy
30/04/2012 12:58:34 #

Ringrazio te , caro fra Mauro e te fratello mio Piero, per le riflessioni profonde che avete suscitato in me e in noi missionari..il vostro parlare mi arricchisce e al contempo mi fa sentire veramente una pecorella amata, protetta, curata in tutte le necessità, fino alla creazione di un confronto on line: qualcosa di Unico e genialmente ispirato dallo Spirito Divino, per essere Creazione Nuova, Sue "pietre vive" raccolte da te, caro fra Mauro, per costruire un edificio santo, per riparare e aver cura della Piccola Chiesa dei Missionari di strada, proprio come fece San francesco con la chiesetta di San Damiano! GRAZIE!
Noi Missionari siamo come delle pietre "singolari" e a volte solitarie (per via della lontananza che ci separa) che sentiamo sempre il bisogno di vederci e sentirci uniti, una accanto all'altro, proprio perchè sappiamo bene cosa vuol dire partecipare ad una missione, mettere la propria vita in gioco: significa lavorare insieme con sacrificio e sorriso per costruire Qualcosa che noi pietre non conosciamo e non possiamo neanche conoscere, proprio perchè piccole e semplici strumenti! Ma quale GIOIA quando, alla fine di un'intensa settimana di "lavoro", torniamo a casa carichi di STUPORE, per aver veramente visto l'opera del Signore, che è sempre "una Meraviglia ai nostri occhi"!.. e poi, carichi soprattutto di AMORE, di quell'amore vero che riempie le nostre ferite più profonde, che trasforma la nostra vita e ci fa sentire unici, veri, vivi!
E allora ECCOMI pronta a "camminare insieme" per una nuova sfida, pronta e desiderosa di rivedervi tutti per vivere una nuova esperienza di missione estiva, insieme a tutti voi, amati fratelli in Cristo, da Lui scelti e chiamati.
"per scegliere devi perderci qualcosa e in fondo ciascuno possiede solo ciò che ha già donato": cosa vuol dire questo? Chiedo di aiutarmi a comprenderlo meglio..vi abbraccio!

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Daniela
Daniela Italy
01/05/2012 14:14:59 #

Il Vangelo sulle spalle...
Proprio qui a Strasburgo, dove mi trovo da qualche giorno, durante uno dei miei primi viaggi ho trovato nella casa dove mi trovavo una piccola e poco frequentata cappella dove è presente Gesù Eucarestia. Entrandovi il mio sguardo lì per lì si è proteso verso ciò che avevo davanti, il tabernacolo...e, all'improvviso, come tutte le belle sorprese, alle mie spalle una statua lignea del bel Pastore. Una statua non troppo grande ma particolarmente intensa. Lo sguardo di Gesù, il cuore scolpito sulla tunica lunga, la presa dolce e sicura delle sue mani a reggere sulle sue spalle una pecorella... Uno sguardo sicuro ed amorevole, uno sguardo di chi ha preso in carico (nel senso proprio letterale) qualcuno e lo porta e  si fa custodia silenziosa, guida presente...

Offrire le spalle, portare il peso, sostenere la fatica e benedirne la bellezza di chi sta in collo...
...lasciatemi passare l'espressione: un tipo "accollativo" questo Gesù! Dico questo perchè questa immagine - come quella del crocifisso, come quella della lavanda dei piedi, come quella della moltiplicazione dei pani, come quella del discorso della montagna, come quella che ognuno di noi ha sperimentato incontrando lo sguardo amorevole di Gesù nelle più svariate e improbabili situazioni della propria vita- suscita in me una domanda profonda ed esistenziale...ma quanto ci / mi ama Gesù?!? E come posso farlo io, debole creatura? E la risposta ci /mi viene dal Vangelo: "E avendoli amati, li amò fino alla fine"! (Gv13,3) E' il Vangelo, la buona notizia, la già conosciuta ma pur sempre sorprendententemente nuova ed unica notizia che ci viene dal Vangelo: amare, amare, amare...fino alla fine. E la fine non è mai la morte, ma la resurrezione! Ce l'ha insegnato Gesù!

...ed ho compreso il perchè di quella frase che magari ho sentito migliaia di volte ma che non riuscivo a comprendere (=prenderla con me, dentro di me, farla mia) fino in fondo...ma non può che essere vera: è donandola a Lui che ricevo la vita a piene mani (!), così come Lui stesso ci insegna: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me... e do la mia vita per le pecore".

Ecco anche il senso della resurrezione, della salvezza che ci viene da Lui. Non si tratta soltanto (!) di pensare al nostro futuro, quello che comunemente si dice "Paradiso"oltre questa vita, ma si tratta di un compimento di noi stessi, di una pienezza di vita a partire da ciò che viviamo su questa terra se rimaniamo uniti a Lui.
Gesù ci ha insegnato che il Vangelo della vita si dona porgendo le spalle e che il "Vieni e Seguimi" non è altro che "Sali (sulle mie spalle) e andiamo" ...Lui non ci lascia soli... Lui ci porta! Ed è portandoci che ci lascia portare agli altri la stessa parola: "sali, andiamo".  Buon cammino, fratelli...

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Cristina
Cristina Italy
01/05/2012 18:18:37 #

Più vado avanti nel mio cammino di fede e più mi rendo conto che la necessità, tutta umana, di avere un appoggio nell'altro, non trova pieno compimento se i rapporti che si instaurano non sono autentici e fondati su Cristo. Proprio durante il cammino dei Dieci Comandamenti (che consiglio a tutti!), mi sono trovata a voler capire quali amicizie erano vere e quali solo di “comodo”, per questo ho voluto fare verità nelle relazioni che avevo in quel periodo e purtroppo questa scelta l’ho fatta a caro prezzo, sperimentando proprio quel rifiuto cui faceva riferimento Fra’ Mauro. Alla mia richiesta di entrare in relazione in maniera autentica, donando/affidando una parte di sé l’una dell’altra ho trovato un muro proprio perché l’altra persona non era disposta a fare quel salto. Instaurare relazioni non vere, anche “in buona fede”, non ci fa bene, poiché ci costringe ad indossare delle maschere, a non essere noi stessi, solo per compiacere gli altri, nel tentativo di darci l’illusoria sensazione di essere accettati ed amati; in realtà, in questo modo svuotiamo le relazioni di quell’amore che dà loro significato. Durante l’omelia del mio matrimonio Fra’ Mauro disse, giustamente, che l’amore non è compiacimento, non è assecondare solo per “amore della pace” e che fedeltà non significa restare sempre accanto all’altro compiacendolo, dicendo sempre di sì! Fedeltà significa piuttosto rimanere fedeli  alla verità del rapporto (e questo vale sia per il rapporto di coppia che per quello di amicizia). Per questo la fedeltà è un frutto, non il punto di partenza.
Ringrazio ogni giorno Dio per questo frutto, perché in questi tredici anni (undici di fidanzamento e due di matrimonio) con Vincenzo, mi (ci) dà ogni giorno la grazia di avere una relazione autentica con lui; d’altro canto nei giorni difficili sappiamo di doverci poggiare non solo l’uno sull’altra, ma insieme appoggiarci su Colui che “ci ha scelti prima della creazione del mondo” affinchè fossimo una sola cosa. Vi assicuro che non è retorica, ma sono convinta che il mio matrimonio abbia una marcia in più perché è fondato su Cristo. Siamo consapevoli che quel giorno ci siamo sposati in tre e, anche se noi potessimo vacillare, Cristo non si tirerà indietro ma effonderà, ancor più, su di noi grazie su grazie.
Non so se con questa breve testimonianza ho centrato il tema di questo primo incontro, ma penso che il solo fatto di condividere con voi MdS (e non solo) questa mia riflessione voglia indicare il mio essere autentica, senza maschere e senza corazze. Credo che questi incontri on-line possano nutrirci a vicenda, per questo invito ciascuno di voi -nella libertà, si intende- a lasciare un commento .
Vi abbraccio tutti!

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