by Mauro
29. December 2012 14:08
E' un Dio feriale quello che ci viene presentato in questa Domenica, la prima dopo Natale, in cui la Comunità ecclesiale celebra la festa della Sacra Famiglia.
È significativo che dopo il mistero dell’incarnazione la liturgia ponga innanzi questa festa come a mostrare quanto concreta e quotidiana è stata la vicenda di Cristo, giusto per sfatare ogni possibile spiritualismo che vorrebbe fare della fede cristiana una esperienza sganciata dalla storia umana.
Il paradosso cristiano è proprio l’opposto: Dio si fa uomo per farci stare appieno nella nostra umanità e cercare in questa esperienza la dimensione della profondità, la sua presenza.
Essere veramente uomini e donne nel nostro tempo è la prima connotazione che desumo da questa festa. Ci viene presentata una famiglia, quella di Nazareth, in una scena di ordinaria interazione: i genitori cercano il figlio e dopo averlo trovato chiedono conto in merito al suo “rimanere” allontanandosi da loro. Lui, ed è qui la sorpresa, spiega loro di essere rimasto perchè “Io devo essere presso il padre mio”.
Gesù risponde ad una chiamata che man mano negli anni scopre: più cresce e più diviene consapevole di questo “essere presso il padre”. In realtà a 13 anni ogni ragazzo in Israele doveva porsi in pieno ascolto della Torah, ciò significava assumerla con tutti i suoi precetti responsabilmente. A quell’età il ragazzo è capace, come il padre, di mettere il pratica quanto dice la Legge, e questo perché a 13 anni ogni israelita si scopre figlio di Dio.
Come i suoi genitori anche lui si scopre figlio di Dio, è un passaggio alla vita adulta e questo è reso possibile dall’ascolto e comprensione della Parola. È la Scrittura a rendere liberi, proprio perché chi l’accoglie è uomo libero non schiavo del compromesso, delle mezze verità.
Lui però non torna, “resiste” a Gerusalemme, è un difendere la Parola per tre giorni. È un resistere che tornerà nell’ultimo combattimento quando per tre giorni resisterà alla morte che vorrebbe strappare la speranza all’Ascolto di Dio. Resistere significa spiegare il senso delle Scritture, mostrare la loro veridicità e questa in primo luogo la si spiega con la propria vita.
“Tuo padre e io travagliati ti cercavamo”. È il travaglio di Maria e Giuseppe, è lo stesso termine usato per la partoriente che sta per generare. In modo analogo c’è un travaglio che dovrà attraversare Maria per riconoscere Gesù quale il Figlio di Dio, e lo vivrà ai piedi della Croce, come a permettergli una nuova nascita. La nostra ricerca di Dio spesso è per appropriarcene, per piegare Lui alla nostra volontà a ciò che pensiamo meglio, qua invece si tratta di piegare noi stessi alla Sua volontà, siamo noi che dobbiamo rinascere come Nicodemo!
“Non sapevate che bisogna che sia nelle cose del padre mio?” C’è un “bisogno” proprio dell’ascolto della Parola di Dio. Gesù è meravigliato perché se i suoi hanno ascoltato la Parola allora anche loro dovrebbero conoscere l’importanza di quel “bisogno”. Loro non compresero ma rimasero stupiti, è lo stupore di chi rimane aperto al Mistero, bisognoso di meditare per comprendere ed affidarsi. È lo stupore di chi sta per immergersi, come un tuffo fatto da chi non conosce la profondità delle acque che lo accoglieranno. Non è lo stupore degli astanti che continueranno a scrutarlo per poi condannarlo, loro fanno della meraviglia un preludio all'invidia e alla competizione. Per farisei e scribi lo stupore diventerà scandalo e perciò motivo per eliminare l'altro visto come un avversario, un ostacolo. Quello di Maria e Giuseppe invece è lo stupore di chi vuole prendersi cura ed al contempo imparare, quello stupore proprio di un genitore che segue il proprio figlio e da lui si lascia stimolare per aprirsi ad una nuova visione della vita.
Dopo, infatti, Gesù torna a casa con loro e rimane a loro subordinato. Gesù scopre il tempio, e lì tornerà dopo vent’anni, nel mentre impara a vivere quell’ascolto e conoscenza delle Scritture a partire dalla sua ordinarietà a Nazareth.
Già in questo episodio Gesù mostra la sua capacità di ascolto e di comprensione delle Scritture perché viene dalla quotidianità di Nazareth, e un giorno tornerà a Gerusalemme per dare compimento alle Scritture perché avrà trascorso ancora molti anni a Nazareth prima di intraprendere l’ultimo viaggio.
C’è una ferialità che è il luogo in cui Gesù impara a vivere la Pasqua. In modo analogo ciascuno di noi impara a celebrare Domenica nella misura in cui impara a celebrare ogni giorno la presenza di Dio nella sua vita.
Gesù con la sua famiglia parte da Nazareth e torna a Nazareth ove rimarrà crescendo in sapienza. Pertanto lo stare a Gerusalemme “presso il padre” non è una parentesi distaccata dalla sua quotidianità a Nazareth ove crescerà accanto a Giuseppe falegname e a Maria che “serba tutte quelle cose nel suo cuore”.
Lui sarà indicato come “il figlio del falegname” per cui si meraviglieranno della sua sapienza, perché è lì che cresce e da lì che attinge la comprensione della Parola. Mettersi in ascolto della Scrittura, allora, per ogni cristiano significa entare nella propria quotidianità leggendola alla luce di quanto Ascolta.