by Mauro
16. January 2012 20:30
Continua l’approfondimento che il nostro blog dedica allo Psicodramma classico. Facendo riferimento agli insegnamenti di due significativi direttori di psicodramma quali sono Paolo Carriolo e Giovanni Boria, ci soffermeremo sugli “strumenti” necessari per lo svolgimento del lavoro psicodrammatico. Con palcoscenico e balconata, protagonista, io ausiliari e conduttore, il gioco è fatto.
Il palcoscenico designa lo spazio espressivo, dove il protagonista può attuare la sua azione creativa. Nel teatro di psicodramma esso è realizzato al centro, vicino ha una balconata, cioè una postazione rialzata di almeno tre gradini, e attorno ha una gradinata per l’uditorio. Più comunemente il palcoscenico può essere creato in modo variegato, attraverso delle stoffe che delimitano un cerchio, o con una linea tracciata, oppure attraverso una luce che illumina delimitando una zona. Ciò che è importante è che il luogo sia ben differenziato in modo da far sperimentare la differenza tra l’esserne dentro o fuori.
La balconata e quindi la possibilità di porsi su di un punto più alto acquista un significato rilevante per la scena dove ogni movimento spaziale comunica qualcosa. La circolarità inoltre agevola un movimento spontaneo nella scena senza che vi siano spazi prefissati ma tutti da creare ed inventare sul momento. Per questa inventiva il protagonista può fare anche uso di stoffe, sgabelli, cuscini, scatole, tutto materiale funzionale alla messa in scena creativa.
Il protagonista è il membro del gruppo che si autopropone o viene designato dal gruppo, per rappresentare la scena. Porta con sé l’intero uditorio in quanto il metodo psicodrammatico rimane in tutta la sua attività un lavoro di gruppo. Il protagonista, individuato dopo il riscaldamento del gruppo, viene ad esprimere spontaneamente una scena che riguarda la sua vita, un problema o una fantasia che prende forma oggettiva in una situazione scenica. Nel fare questo può coinvolgere altri membri del gruppo chiedendo loro di impersonificare dei personaggi della sua scena. Già la possibilità di rappresentare la propria percezione di un fenomeno, come può essere una data situazione o una relazione interpersonale, produce in sé un effetto liberatorio sia per il protagonista che per il gruppo.
Il conduttore accompagna lo svolgersi dell’azione, da un lato è fuori la scena in quanto la osserva e ne analizza lo svolgimento, dall’altro è dentro in quanto guida l’articolazione degli interventi e dello sviluppo. Non si tratta di una figura neutrale come potrebbe avvenire in alcuni setting terapeutici, egli deve stabilire un rapporto telico con tutto il gruppo. Il suo intervento non è di tipo interpretativo ma di sostegno e di accompagnamento, nel senso che attraverso le tecniche determina l’approfondimento di certi aspetti stimolandone l’esplorazione. Controlla i tempi, gli interventi, il tono emotivo ed anche gli aspetti tecnici quali ad esempio i colori e l’intensità della luce. Attraverso la profonda sintonizzazione con i vissuti messi in scena, egli svolge il ruolo di favorire e sostenere il fluire dell’espressione creativa.
Gli io ausiliari sono quei membri del gruppo coinvolti nella scena dal protagonista, essi permettono di rappresentare le sue fantasie interne e quindi di esplorarle e rielaborarle. Pertanto l’io ausiliare può rappresentare una figura significativa per il protagonista, oppure può rappresentare un altro generico, un gruppo sociale o un’immagine archetipa. La scelta dell’io ausiliare avviene in base al rapporto telico che si è creato con la persona, e quindi non è tanto dovuta alla somiglianza fisica con il ruolo che dovrà impersonificare quanto, invece, ai contenuti emotivi che protagonista e membro del gruppo scelto si sono precedentemente trasmessi.
L’io ausiliare può assumere il suo ruolo in base alle informazioni che trae dal protagonista quando (durante l’inversione di ruolo) gli cede la sua parte, ma contemporaneamente rielabora il personaggio in base alla propria personalità. Tutto ciò fa sì che l’io ausiliario restituisca una nuova immagine del ruolo datogli dal protagonista che, così, si trova ad incontrare le sue fantasie al di fuori dei suoi copioni stereotipati. L’io ausiliare, infatti, porta i contenuti evocati nel protagonista ma non coincide con essi.
Questa azione di rispecchiamento e reinterpretazione del ruolo è inoltre influenzata dal conduttore che suggerisce, quando lo ritiene opportuno, strategie e tecniche da mettere in atto man mano che si sta svolgendo l’azione. Ancora, è da sottolineare il fatto che l’io ausiliare è un ulteriore ponte tra gruppo e protagonista, in quanto ciascuno rispecchia nell'ausiliare l’eventuale modo di interpretare la parte assegnata qualora fosse stato scelto.