Imparare a cambiare prospettiva

by Mauro 24. aprile 2016 10:28

     La Parola di oggi (Gv 13, 21 - 35) offre uno spunto di riflessione interessante sulla lettura delle questioni di vita. Spesso siamo così immersi negli accadimenti da non riuscire a discernere il senso delle cose, a volte rimanendo schiacciati dal travaglio esistenziale.

      Dapprima ascoltiamo Gesù parlare di un’ “Ora” che è da intendersi come un compimento. Pensare che questo tempo nuovo è introdotto da un tradimento e, pertanto, da un’esperienza apparentemente fallimentare.

     Vedendo più da vicino la dinamica scorgiamo che Giuda è un discepolo, cioè uno che ha lasciato tutto per seguire il Maestro. È una persona che ci ha creduto, uno che non si è tirato indietro e, potremmo dire, ha avuto coraggio. Solo che si verifica un inceppamento: lui aveva dei programmi e delle aspettative che ora appaiono deluse, tradite, da Gesù.

       Questa è una prima questione attorno alla quale sovente si annoda la vita. Una rigidità di prospettiva che non lascia spazio al nuovo e ciò, presumibilmente, dipende dal rimanere autocentrati. L’ego viene assunto a  parametro di verifica delle cose della vita e la parola/presenza dell’altro viene colta quale minacciosa quando rivela qualcosa di differente. Sappiamo, però, che la ricchezza dell’esistenza nasce dalle differenze e dalla capacità di lasciarsi meravigliare dalla realtà che, sovente, tradisce i propri calcoli.

        In questo contesto di incomprensione Gesù parla della sua “glorificazione”, cioè del peso e del valore del suo essere.  È proprio nella difficoltà che si esprime l’autenticità di una persona, quando l’io è mortificato e cioè l’individuo sperimenta la sua limitatezza ed impossibilità ad evitare il travaglio, è lì che viene fuori cosa regge davvero la propria vita.

      Tutti abbisogniamo di appoggi, anche l’uomo autocentrato si appoggia a qualcosa come, ad esempio, il potere o l’immagine. L’incomprensione o l’incomunicabilità tra gli individui è data proprio da quel che sostiene la propria vita.

         Ora si tratta di uscire da se stessi ed accogliere una misura inedita per valutare gli accadimenti: è la prospettiva di Dio. Attenzione però, non si tratta di rimanere schiacciati da un Dio che giudica ogni cosa o che chiede di obbedire alle sue prospettive in modo passivo. È piuttosto il nutrire una relazione interpersonale con Lui e, quindi, un conoscere e un conoscersi.

         Nessuno può conoscersi da solo. Privato di relazione l’essere umano si atrofizza, spegne ciò che di autentico porta nell’animo. È, ad esempio, il rischio delle relazioni virtuali o della proposta di rapporti occasionali, esperienze in cui manca l’incontro con l’altro e, pertanto, il coinvolgimento esistenziale.

         Giuda però si confronta, in questo è autentico, solo che rimane rigidamente fermo nei suoi pensieri, dimentica  di essere in cammino, discepolo, finendo col rimanere ingabbiato dalla sua mancanza di fiducia.

         Alla sua “uscita di scena” segue la rivelazione di Gesù: l’amore è quel che regge la vita ma il parametro dell’amore è Lui.

         Tornano le parole del Maestro: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

         Comprende Gesù che l’umanità abbisogna di un nuovo parametro per vivere ed è il suo amore:  “Come io ho amato voi”. Altrimenti resteremmo imbrigliati in competizioni o gelosie su chi ha fatto di più e chi di meno. C’è sempre una relazione primigenia da recuperare quando le cose vanno male, è il rapporto con Dio!

      Da questo check-up iniziale deriva la riscoperta della relazione con l’altro. Gesù consegna un parametro di testimonianza che non è dato dall’amore che abbiamo per Lui ma dall’amore che abbiamo tra di noi.

     È questa la novità cristiana, la fede non chiude in un rapporto intimistico con Dio, piuttosto apre ad una relazione rinnovata con l’umanità. È per questo che il cristiano torna a tradire la relazione con il Maestro ogni qualvolta che cade nell’indifferenza o nella rassegnazione, ogni volta che di fronte alle immagini dei continui flussi migratori risolve tutto cambiando canale, ogni volta che dinanzi ad una palese ingiustizia sociale rimane in silenzio, ogni volta che di fronte alla gente che acclama il mafioso di turno, perché “non c’entra niente”, finisce con il compiacere accodandosi alla filiazione diffusa.

     No, il Cristo ha lottato per restare in relazione con Giuda, l’ha chiamato “amico” ed è per questo che gli ha rivelato pienamente la prospettiva dell’amore. Proprio quella da cui Giuda è fuggito perché troppo sovversiva rispetto ai giochi di potere e di supremazia umana!

     Torna il ricordo di due spietati malavitosi oggi convertiti dall’ascolto delle parole di un Semplice che di fronte alla loro minaccia di morte ebbe a rispondere: “Me lo aspettavo”.

 

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