by Mauro
30. May 2013 19:40
Berne (1986) parla di “miglioramento” per esprimere ciò che permette di stare meglio, invece si riferisce al termine “cura” per indicare ciò che favorisce la riattivazione dello sviluppo interrotto a motivo di decisioni copionali che hanno mantenuto posizioni esistenziali svalutanti.
La guarigione comporta, pertanto, l’uscire dal copione disfunzionale attraverso scelte (controcopionali) volte al proprio benessere.
Inizialmente Berne (1961) definisce il copione quale derivato del transfert cioè come “un adattamento di reazioni ed esperienze infantili. Intendendo, cioè, il tentativo di ripetere in forma derivata un intero dramma transferenziale”. Successivamente parlò del copione definendolo come “un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta decisiva” (Berne, 2011). Tale strategia comportamentale viene alimentata e rinforzata dai comportamenti verbali e non verbali dei genitori, attraverso messaggi ingiuntivi e controingiuntivi. Da adulto, pertanto, l’individuo che mette in scena il proprio copione, si comporta più o meno consapevolmente in modo da rivivere emozioni antiche ed intense.
Fino a quando il copione consente di far fronte ai compiti evolutivi, l’individuo mantiene un equilibrio psichico che lo fa vivere serenamente; quando invece le strategie consolidate non sono più rispondenti ai bisogni della nuova fase di vita, nasce il disagio psichico e nei casi più gravi si può arrivare alla psicopatologia, per cui occorre un cambiamento definito “ridecisione”.
Dal punto di vista operativo il copione si presenta come un insieme di transazioni che tendono a ripetersi, la persona mantiene la decisione di copione proprio perché in definitiva questa risponde fino a quel momento al suo bisogno di programmazione di vita ed entrerà in crisi quando non sarà più funzionale a soddisfare i propri bisogni.
Per comprendere come la persona si attiva per mantenere le sue convinzioni di copione bisogna tenere conto delle emozioni parassite e del sistema di racket.
L’ emozione parassita è da intendersi come un’emozione appresa dalle figure di riferimento ed incoraggiata nell’infanzia, quale espediente per affrontare le situazioni di stress ma inadatta alla risoluzione “adulta” dei problemi.
Il racket invece è una strategia comportamentale (insieme di comportamenti di copione), attivata inconsapevolmente, per manipolare le situazioni e che porta a sperimentare un’emozione parassita. Attraverso il racket la persona cerca di sperimentare emozioni parassite che di fatto non sono allineate con la risoluzione del problema attuale.
Berne (2011) diversamente parla del racket quale sensazione che la persona sperimenta come tornaconto dei giochi, cioè attraverso il racket ottiene dei buoni premio psicologici. Questi possono essere accumulati oppure scaricati, inoltre l’autore fa notare che la persona con cui si scarica un buono premio può essere diversa da quella con cui si è vissuta l’emozione parassita. Il motivo per cui si accumulano buoni premio è perché in questo modo la persona può avanzare in direzione del suo tornaconto di copione.
È da notare che l’emozione parassita viene appresa quando il bambino sperimenta che l’emozione autenticamente vissuta non è accolta dalla figura di riferimento, mentre vede riconosciuta un’emozione sostitutiva. Constata cioè che uno stato d’animo viene preferito dal contesto familiare per cui si attiva attraverso un insieme di comportamenti di copione per raggiungere i propri obiettivi. Ad esempio un bambino che durante l’infanzia è stato deprivato col tempo potrebbe avere imparato che per avvicinare l’altro a sé deve mostrare gioia ed una certa euforia coprendo, così, la tristezza e la rabbia perché lasciato solo o comunque misconosciuto.
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