Fede è accettare di perdere l'equilibrio precedente

by Mauro 20. dicembre 2012 14:00

      Quello che la Comunità cristiana medita nella quarta domenica di Avvento, è il Vangelo dell’Incontro. Così intitolerei la mirabile pagina del primo capitolo del Vangelo secondo Luca in cui viene descritta la visita di Maria ad Elisabetta.
             Mi rendo conto di come ogni incontro è dato dal desiderio di visitare l’altro e cioè di non rimanere chiusi in se stessi. Comprendiamo come questo diventi un’esperienza necessaria per Maria, un modo per esprimere il dono appena ricevuto. È vero il concepimento non basta, così come non basta alla fede l’avere fatto esperienza della misericordia di Dio. La fede per essere nutrita, per rimanere viva ha bisogno di una esperienza continuata e il terreno fertile per mantenerla tale è proprio il cuore dell’uomo.
            Ogni persona può scegliere di chiudere il proprio cuore e di appropriarsi del dono ricevuto, può decidere di pensare solo a se stessa. Potremmo dire che si tratta di una possibilità fisiologica, come a dire: da solo mi prendo cura di me e salvo la mia vita. Comprendo che molte esperienze di chiusura del cuore siano conseguenti a grandi ferite, come se si perdesse la fiducia nell’uomo. Proprio per questo la relazione con Dio permette di mantenere viva la relazione con il prossimo, l’apertura all’altro nonostante tutto.
             Maria si mette in cammino, è prima tra i credenti perché intuisce fin da subito che la fede in Dio ha come immediata conseguenza il muoversi per nuove vie. È necessario un passaggio successivo che probabilmente dura tutta quanta la vita: il farsi avanti per raggiungere l’altro.
             Comprendiamo in quest’orizzonte l’identità missionaria propria della Chiesa. È inconcepibile una Comunità che si chiude credendosi bastante a se stessa, ciò ne provocherebbe la morte per estinzione. Maria nel muoversi verso Elisabetta, nel lasciare il luogo di prima ove è stata toccata dalla Parola di Dio mostra come l’esperienza cristiana è esperienza storica, descrivibile solo a partire dalla propria storia e non, semplicemente, contemplando la storia altrui.

           Molte meditazioni, lectio spirituali, spesso assumono un carattere descrittivo del Mistero che in realtà permane fuori di noi, non torna ad essere esperienza viva attraverso di noi. Maria permette l’incarnazione perché incarna la Parola, permette a quella Parola di dire qualcosa alla sua vita ed è per questo che si smuove, lascia la sicurezza di prima. Interessante notare a proposito che si tratti di un muoversi per servire, è intuibile visto che l’evangelista annota che Elisabetta era al sesto mese di gravidanza. Un tempo delicato per una donna gravida, un tempo in cui ha bisogno che altri si prendano cura di lei.
           È il compiersi di una promessa, l’attesa del popolo di Israele era in vista di una promessa. L’attesa che oggi vive il cristiano è in vista di una promessa: l’Incontro con Dio, il compiersi della Salvezza. Incontrare Dio significa accogliere la sua Misericordia, in questo consta il concetto cristiano di “Salvezza”. Dalla creazione in poi Dio desidera l’incontro con la sua creatura, la storia biblica inizia con un interrogativo “Adamo dove sei?”.
           È la ricerca di un incontro che in modo esemplare, descrive il Vangelo, si realizza in Maria di Nazaret. Ora si parla di un “sesto mese” tempo dell’incompiutezza per Elisabetta, tempo propizio per mettersi in cammino. Il cammino non inizia quando tutto è chiaro e comprensibile, il cammino è proprio dell’atto di fede, così come il camminare è un costante perdere l’equilibrio fidandosi dell’appoggio successivo e, di conseguenza, lasciando il precedente equilibrio statico. Maria, e con lei tutta l’umanità, è chiamata a generare Dio su questa terra.
           Già Elisabetta, sterile, aveva accolto in lei la Parola annunziata al marito Zaccaria. Elisabetta è portavoce di un popolo ormai sterile, un popolo che non ha più niente da dire perché è entrato nel compromesso. A lei la Parola di vita è donata proprio mentre è sterile attraverso un altro che accoglie. È l’immagine del dono di Dio che viene a visitare e cercare chi stava nella tristezza. Chi accoglie lo fa anche per chi è sterile, la fede di uno porta frutto nell’altro, questo è il patto di solidarietà proprio del cristianesimo. Ogni Missionario, ogni cristiano dunque, entra in una esperienza analoga a quella di Maria che va da Elisabetta, un andare analogo a quello che Maria vivrà con i primi discepoli, e non più sola, dopo la Pasqua.
            Una volta accolto l’annunzio ossia la Parola di Dio ecco che Maria si mette in cammino. Sottolineo ancora come l’accoglienza diventi repentinamente un interessarsi all’altro, non rimanere chiusi in se stessi. Maria si muove in fretta, letteralmente “con cura”, cioè aprendosi  alla cura di Elisabetta che è in gravidanza così come del resto anche lei. La parola rivolta a lei, al suo concepimento, è stata al contempo parola che narra dell’altro della parente che è stata anche lei visitata da Dio. La Parola di Dio non è mai solo per se stessi ma collega ad altri, al rivolgersi verso altri.
             Si intuisce il bisogno di condividere la bellezza del dono di Dio, è un condividere che diventa fare partecipe l’altro del proprio dono; l’esperienza di incontro con Dio va annunziata, comunicata ad un altro. Il saluto di Maria diventa esultanza per Elisabetta, ci sono saluti chiusi, difensivi e diversamente ci sono saluti fondati sul dono, sul desiderio di arricchire l’altro con la propria presenza. Ciò non significa dominare, schiacciare, impossessarsi dell’altro, bensì equivale a prendersene cura, portare la pace.

             Maria saluta con lo shalom, l’augurio di pace, la risposta è chaire cioè “rallegrati”, sono contenta perché mi sei innanzi. E annota il testo, il bimbo che Elisabetta porta in grembo esulta di gioia come a danzare. La mancanza di Pace tra i popoli oggi ci questiona più che mai, e quale responsabilità hanno i “padri” nel trasmettere sentimenti di gioia ai propri figli, genitori riconciliati con il prossimo mostreranno ai propri figli come potere stare su questa terra.

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