Dimmi chi segui e ti dirò chi sei!

by Mauro 24. agosto 2014 23:13

          Nuove frontiere si aprono oggi all’evangelizzazione di strada. Fin troppe provocazioni ci pervengono dai rotocalchi che quotidianamente ci elencano tragedie deliberate da mano d’uomo. Pensiamo ai barconi che continuano ad affondare nel Mediterraneo portando con sé centinaia e migliaia di vite umane, le ferite mortali delle numerose guerre sparse nel mondo, gli oltraggi alla vita fino a colpire i propri familiari.
       Risuona ancora l’interrogativo che Gesù rivolse ai suoi discepoli 2000 anni fa come ci ricorda il Vangelo di oggi, XXI domenica del tempo ordinario: Chi è Cristo nella mia vita?
    È esperienza comune smarrirci, sovente  andiamo dietro a tanti nutrimenti, certo attraenti, dimenticandoci dell’unico nutrimento essenziale. Quando mi ritrovo a correre e avverto tutto l’affanno dei miei giorni è lì che devo fermarmi e chiedermi: chi è Cristo per me oggi? Quando rivendico e cerco le mie ragioni per difendere posizioni e battaglie, lì ho bisogno di fare silenzio e tornare a chiedermi: ma tu Gesù cosa c’entri con tutto ciò?
        Come mai Gesù consegna a Pietro le chiavi del Regno dei cieli? Che significa avere la chiave d’ingresso nel Regno? Domande necessarie che ci aprono alla comprensione del Vangelo di questa Domenica.
         Pietro ottiene la chiave per entrare nel Regno dei cieli e con essa un potere: quello di legare e sciogliere in terra e, di riflesso, in cielo! La questione si fa ancora più intrigante, potremmo fin d’ora chiederci come mai al cielo appartengono gli stessi legami e gli stessi legacci (quali impedimenti) che ci stanno qui in terra?
      Partiamo dall’evidente, la chiave ci fa avere accesso ad un luogo, ci permette cioè di abitarlo e di usufruirne. Qua si tratta dell’ingresso nel Regno dei cieli, proprio quel luogo che ci era stato precluso a motivo di un dialogo finito male: quello tra i progenitori ed il tentatore. Lui aveva proposto una via alternativa, una chiave differente per stare ed abitare le cose della vita: ottenere tutto nutrendo la bramosia di potere e dominio. L’aspetto più buio di quel dialogo è il fatto che l’uomo abbia dimenticato la sua dignità riconosciuta di fronte a Dio, si era perso la relazione con il Creatore dimenticando i “doni” che aveva appena ricevuto.
        L’umanità di tutti i tempi si trova di fronte a questo eterno dilemma, con quale chiave accedere alle stanze della vita: lasciarsi orientare dalla bramosia di potere o nutrire il desiderio di Bene anche se questo viene contestato dalle mode sociali del momento!
Ora qualcosa di straordinario sta accadendo, a Pietro viene restituita la chiave perduta. Pietro ottiene le chiavi del Regno rispondendo alla domanda su chi è Gesù per lui. Risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
È una professione di fede, sintetizza quello che ogni domenica ripetiamo, a volte fin troppo frettolosamente, con le parole del Credo. Un atto di fiducia e di affidamento, il riconoscimento del bisogno di Dio ed il desiderio di poggiare la propria vita su di Lui. Ci rendiamo conto, non è questione di parole ma di giocarsi la vita in una direzione anziché un’altra.
        Quel giorno a Cesarea di Filippo si è aperta una via nuova. Si tratta di una città ricostruita nel 2 a. c. dal tetrarca Filippo, figlio di Erode il Grande, che la intitolò così in onore dell’imperatore Augusto. Un luogo che vorrebbe evocare il potere e la grandiosità dell’imperatore, distante dal Tempio è il posto più lontano dove arriverà Gesù prima di iniziare il suo viaggio verso Gerusalemme. La distanza spaziale dal cuore della fede d’Israele ci rimanda al significato della missione di Gesù, venuto per incontrare tutta l’umanità anche quella rinchiusa nei meandri più distanti da Dio.
        È lì che Cristo viene riconosciuto per la prima volta nella sua piena regalità e da un uomo, Pietro, che dovrà ancora imparare come camminare stando dietro al Maestro, in ascolto della sua Parola. Pietro conoscerà appieno il volto di Cristo, quando pur constatando il buio del proprio peccato (dopo il rinnegamento) si scoprirà guardato dalla sua Misericordia. Dio lo continuerà a guardare nonostante tutto e Pietro non avrà più motivo di nascondersi (la paura dopo il peccato delle origini).
         Pietro è un uomo autentico e ciò non equivale a “perfetto”,  in modo spontaneo risponde riconoscendo il Cristo, l’Unto, il Messia; ne riconosce l’identità ma questo non sarà ancora sufficiente, ne dovrà conoscere la missione!
Ognuno di noi ha bisogno di esprimere quello che è in una missione del tutto unica ed originale, questo dà pienezza all’esistenza e ci esprime nel profondo. Pietro successivamente si opporrà alla missione di Gesù, infatti avrebbe voluto rinchiuderla nei propri schemi e, solo camminando dietro il Maestro, imparerà a lasciarsi trasformare scoprendo anche la propria di missione.
        La professione di fede di Pietro dà voce ad un’attesa che durava da parecchi secoli: finalmente Gesù viene riconosciuto come il Messia, è lui il liberatore atteso! È straordinario quello che accadde quel giorno a Cesarea, poteva essere travolto dall’emozione Pietro, aveva innanzi il compimento del desiderio di un intero popolo.
A Pietro viene dato il potere di legare e sciogliere cose che rimangono legate o sciolte anche in cielo. C’è una convergenza tra quel che accade in terra e quello che accade in cielo, è straordinario: noi viviamo in terra il Bene che continueremo a vivere in cielo! Il potere di legare e sciogliere indica la capacità di interpretare, leggere la realtà e discernere il bene dal male. Cioè la fede in Gesù permette di dare verità alle cose che accadono, distinguere ciò che è pretestuoso perché mosso dalla logica di peccato da ciò che è liberante perché mosso dalla relazione filiale con Dio.
        L’autorità riconosciuta a Pietro e trasmessa ai suoi successori, i Vescovi di Roma, equivale al servizio alla Verità e alla Carità. Quindi autorità che si esplica nella promozione della crescita dell’altro, del suo bene e della sua felicità. Quando papa Francesco parla ed agisce manifesta questo desiderio di Bene per l’umanità intera, è ben diverso dall’autoritarismo dei potenti di questo mondo che troppo spesso si traduce in violenza e guerre.
      Non significa ergersi al di sopra degli altri. Il Vescovo di Roma e cioè il successore di Pietro, papa Francesco, continua a mostrarci il significato di questa autorità fondata sul servizio alla Verità e, di conseguenza, alla Carità. L’autorità comporta la promozione dell’altro, della sua crescita e della sua felicità. È per questo che alla Chiesa tutta compete una missione speciale, quella di annunciare la logica della Pace di fronte ad ogni logica di guerra. Ancora oggi per molti la Professione di fede si traduce nel resistere alle ingiustizie pagando con la propria vita. Penso ai tanti martiri albanesi, cristiani e musulmani, vittime della feroce dittatura comunista, e ancora alle persecuzioni di questo momento in Iraq, Siria, Egitto, Pakistan, India, Somalia, Sudan o, ancora, ai Testimoni della fede che nella nostra terra di Sicilia hanno donato il sangue per difendere la causa del Bene.


Add comment

  Country flag

biuquote
  • Comment
  • Preview
Loading

Month List

RecentPosts