by Mauro
17. June 2012 17:01
Probabilmente il nome Secondigliano deriva da un’antica famiglia romana a cui appartenevano quei latifondi o forse il nome deriva dai Colli Secondilli che attorniano Napoli. Certo è che di quel borgo medievale prevalentemente dedito a masserie per la produzione di colture tipiche, oggi rimane ben poco considerato che, a partire dagli anni ’60, l’Amministrazione comunale ha pensato bene di destinare quel luogo all'edilizia popolare.
Il dictatus politico piovuto dall’alto ha trasformato quella immensa e fertile campagna in una landa di cemento armato dimenticando di creare appositi luoghi di aggregazione, così come spazi commerciali in cui si muove l’ordinaria vita di un quartiere. Malgrado le sperequazioni economiche che hanno indotto una sorta di ghettizzazione sociale, molti che vivono in quel luogo continuano a mostrare il colore ed il calore propri della nobiltà umana. Porto con me il profondo senso di accoglienza familiare e di umanità che ho sperimentato, proprio lì, nei giorni passati.
Rimango attonito nel constatare quanti luoghi comuni e superficiali generalizzazioni sovrastano la nostra “cultura nazionale”. Ci sono persone, famiglie, popoli interi, che anche a migliaia di chilometri a motivo della loro inflessione di voce oggi continuano a scorgere un immediato feedback sul volto dell’interlocutore che sembra esprimere un manifesto disappunto a motivo dell’origine della persona che sta lì a parlare. Quante volte anch’io mi sono ritrovato a percepire il pregiudizio di chi scorgendo i miei natali meridionali si sentiva autorizzato a sommari soliloqui. Eppure il carico di umanità che ho trovato da Scampia a Portici è proprio raro ai nostri giorni, tempo in cui il modello imperante è quello dell’individualismo piuttosto che della cultura dell’accoglienza e della solidarietà. Promuovere Cultura è ben altra cosa ed impone una sinergia in cui le politiche sociali partono dalle persone prima che dal risolvere “problemi”.
È sciocco pensare alla questione degli “alloggi” intesi come numeri di posti letto da creare senza prendersi cura del contesto che favorisce la vivibilità di un luogo: potere fare sotto casa le compere per cucinare, avere la possibilità di passeggiare sotto gli alberi nelle giornate afose, trovare una tettoia per ripararsi mentre si attende un autobus, trovare nel quartiere un parco dove andare a giocare con i propri bambini. Prendersi cura dell’umano significa affrontare le questioni dell’interumano, l’individualismo urbanistico proposto dei quartieri dormitorio è altamente spersonalizzante. Là dove la relazione umana viene svilita è necessario recuperare “civiltà” con progetti di promozione piuttosto che con metodi repressivi.
È così che a Scampia, così come a Portici, abbiamo trovato tanti giovani operatori di strada impegnati nel prendersi cura dell’umano che abita quei quartieri. Giovani impegnati insieme ai loro parroci nel territorio da anni, un territorio che sentono con passione come il proprio luogo di vita. Tra questi abbiamo incontrato numerosi Missionari di strada, generosi così come è tipico dell’animus napoletano, in cinquanta verranno a Termini Imerese il prossimo mese di agosto per vivere l’esperienza Estate con Termini. L’occasione del matrimonio di Francesco e Daniela, tra i primi Mds napoletani, è divenuta occasione per confrontarci e condividere progetti di comunione con tanti.
Tornano in mente le parole del Vangelo di quest’oggi, in cui Gesù narra di un minuscolo seme, un granello di senape, che ha una forza intrinseca, una capacità innata di crescere a dismisura divenendo una maestosa pianta che da riparo a tanti. È così la logica del Bene, quella che trasforma la realtà giorno dopo giorno senza che alcuno si accorga. L’opera di cambiamento sociale è fenomeno culturale che pian piano informa e trasforma il territorio proprio perché trasforma la mentalità, il modo di pensare e di agire. Il cristianesimo è evento di mutamento straordinario proprio perché scaturisce da un ribaltamento: non è la grandezza dei potenti ma l’umiltà dei piccoli ad operare. Così è tutta la testimonianza terrena di Gesù, sino alla dignità del suo morire in croce perdonando quanti lo stanno crocifiggendo, così è stata l’eloquenza di Giovanni Paolo II° che proprio negli ultimi giorni attraverso la sua fragilità ed apparente impotenza ha fatto fermare e riflettere il mondo intero.
Pensiamo alla fraternità itinerante MdS come a gente che sente in profondità l’appartenenza a questa missione di bene. Uomini e donne capaci di raccontare il Bene con la loro vita.