Da Danisinni una Luce di speranza

by Mauro 6. gennaio 2016 09:59

         Oggi solennità dell’Epifania del Signore la Comunità di Danisinni  viene visitata da un dono speciale: l’apertura del Parco Sant’Agnese e la rivalorizzazione di un territorio dimenticato.

         Il Creato restituisce dimensione di vita buona, condivisione di pensiero e significati, contatto con se stessi e con l’altro attraverso la relazione. Prima dell’immersione nel Parco la Comunità medita circa la figura dei Magi quali scrutatori del cosmo che si mettono in cammino per cercare il luogo di Dio.

         Loro da sapienti non si fermano ai segni ma vanno alla ricerca di significati che possano dare una ragione alla vita. Le stelle sono solo segni ma è il rimando a chi le ha poste per la custodia dell’uomo ad interessare l’orizzonte del loro cammino.

       Comprendiamo bene come la meta viene a strutturare l’intero viaggio e così accade per la vita. Quando la meta è riposta in Dio, nell’eternità e nella comunione d’amore, allora tutto acquista un significato relativo e l’esistenza viene illuminata proprio dal fine verso cui si tende. I magi utilizzano i segni come indicatori di direzione, una segnaletica che non è affatto il punto di arrivo. 

         Sovente troviamo persone affaccendate alla ricerca di segni senza mai andare oltre. Una cultura dell’apparenza che vorrebbe nutrirsi di emozioni immediate ma che non coglie la bellezza della relazione. È così che il consumismo abitua ai regali usa e getta volti ad appagare la bramosia dell’avere piuttosto che significare il bene di chi li dona. Affetti continuamente insoddisfatti perché l’oggetto viene messo al posto della relazione, ad esempio si pensi a quei genitori che vorrebbero mostrare tutto il loro amore donando cose ma senza stare a giocare, ascoltare o passeggiare con i propri figli.

           A fronte della cultura dell’apparenza con le sue luci d’un momento, l’Epifania rivela un senso ultimo delle cose che è la Luce del Signore. I Magi cercano il “Re dei giudei” ma restano aperti allo stupore, non sanno come sarà manifestata tale regalità.

          Erode, invece, è uomo del calcolo, tutto viene misurato dai suoi criteri e prospettive per cui coglie in quel titolo un ruolo di potere a lui concorrente. È il tipico uomo che proietta i suoi modi di vivere e vedere la realtà, sugli altri senza lasciarsi interpellare o portare su sentieri nuovi. In lui non c’è ascolto e apertura del cuore.

          Gesù sarà nuovamente proclamato “Re dei giudei” al momento del processo e, poi, sulla Croce, ma quello dell’amore è un linguaggio incomprensibile per quell’umanità che viene rappresentata da Erode.

          La reazione di chi lotta per il potere delle tenebre è sempre violenta quando si sente minacciato dalla forza del Bene: Erode reagì con la strage degli innocenti, Gesù sarà crocifisso, quanta crudeltà fino ai nostri giorni. Proprio oggi ricordiamo l’anniversario dell’omicidio di Piersanti Mattarella ucciso nel 1980 mentre stava per andare a Messa. Lui aveva denunciato la corruzione nelle politiche amministrative della nostra Isola e il potere mafioso non tollerò la Luce portata da quell’uomo.

            I Magi arriveranno a Betlemme e lì rimarranno affascinati dal bimbo che è accudito da Maria. Pensare che in quella scena così delicata ed umile riconoscono la Luce della loro vita, la loro sapienza è come deposta lì ai piedi di quella creatura.

             Nei Magi sta l’uomo che sa spogliarsi di se stesso e delle tante sovrastrutture, offrono oro, incenso e mirra: quel che hanno di più prezioso, la loro vita così come la loro morte. Non offrono cose ma la loro stessa vita, offrono il loro cammino quotidiano segnato da fatica, umiliazioni e ricchezze. È perciò che “per un’altra via fecero ritorno al loro paese”, ora sono rinnovati ed è come un battesimo il loro consegnarsi innanzi a Gesù. Hanno trovato il significato dell’esistenza, quello che procura gioia del cuore anche se ciò comporta fatica quotidiana.

              In questo tempo di Natale mi commuove pensare alla cura di tante mamme che per un paio d’ore di festa con la famiglia, lavorano per giorni in modo da preparare tutto al meglio. È lì che siamo chiamati ad andare oltre, quando il mangiare non prevale sulla gioia dello stare insieme, quando l’apprezzamento del bello di una tavola risuona maggiormente dell’ebbrezza di un buon vino.

             I segni, allora, ci rimandano ad andare ai significati reconditi e il Parco Sant’Agnese che stamane è stato frequentato dal Rione e dalla Città, ci dice di una porzione di terra che è bene comune, occasione di incontro e comunione da condividere insieme. L’area adibita a fattoria urbana, l’orto ed il giardino biblico, ci racconta una sapienza antica, quella di chi convive rispettando la natura ed il suo corso, quella di chi entra in sinergia faticando con essa per cooperare ai suoi frutti, quella di chi si ferma a contemplare perché tutto viene e ritorna a Dio.

                Questo è il nostro Parco, bene comune, luogo in cui la Città si riappropria della sua vocazione di custodia ed accoglienza della gente che la abita.

 

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