Ciascuno porta una missione

by Mauro 15. luglio 2018 08:00

    Sembrerebbe che il nostro tempo voglia convincerci che l'audience sia il criterio di successo, di riuscita della nostra missione di vita. Il riconosciemento altrui, cioè, determinerebbe l'appagamento di cui ciascuno abbisogna. 

      La psicologia evolutiva ha fatto del riconoscimento una conditio basilare per una crescita matura e fiduciosa e, questo, ci rendiamo conto è un presupposto prezioso per ogni essere umano ma la questione si pone quando l'attesa di simile restituzione dura tutta la vita!

     La spinta mediatica tende a mantenere alta questa aspettativa e la vendita di cosmetici, capi e accessori, oltre che l'induzione a nuovi stili di vita volti alla esibizione di sé, sono la diretta conseguenza di questa visione culturale a cui ogni individuo quotidianamente viene sottoposto.

       Perfino il cristianesimo, sovente, ha confuso il proprio mandato con questa prospettiva finendo con il valutare l'autorevolezza della Chiesa con l'efficacia delle opere create o quantificando il numero dei nuovi proseliti. 

Non ci convince questo modo di intendere la missione e l'identità della persona. È profondamente manipolabile chi si consegna a simile prospettiva esistenziale. Andare ben oltre le apparenze si rende necessario per conoscere un essere umano, per cogliere la cultura di un luogo ed i suoi abitanti.

Può confondere, ancora, il fermarsi ad articoli di giornali o twitter che fotografano l'istante ignorando i processi in atto. In un determinato momento il fotogramma è interessante perchè un evento culturale lo rende tale ma subito dopo uno spaccato di cronaca desta nuova attrazione anche se, di fatto, contraddice quanto precedentemente rilevato. 

Guardare i processi, piuttosto, ci permette di entrare in essi facendo la propria parte, lasciando cadere quel vocio che di fatto dura solo un tramonto. Penso ad esempio a quanti scritti sul fenomeno immigrazione possono, oggi, spostare l'attenzione a favore o contro l'accoglienza a seconda degli interessi di turno.

Comunicare è arte preziosa e qualifica il genere umano in quanto, attraverso la parola, è capace di dare senso alle cose, cogliere la direzione e il valore di quel che si intende trasmettere.

In questa domenica, giorno di particolare festa per la nostra Palermo, la Parola che meditiamo nella liturgia ci mostra l'importanza della testimonianza che rende autorevole quel che è riferito. Il profeta Amos viene cacciato via a motivo di quel che annuncia. La Parola ha un primo effetto di contestazione, contesta quel che non appartiene a Dio denunciando il male perchè l'uomo è fatto per il bene.

Amos (7, 12-15)  è stato trasformato dalla Parola che ha accolto, si è lasciato portare altrove, ha lasciato quella che gli pareva la missione della sua vita e ha cambiato strada. Chi accoglie la Parola è introdotto in un naturale movimento, non può rimanere spettatore ma è trasformato da quel che accoglie. Lo troviamo, oggi, di fronte ad Amasìa ad essere cacciato per quel che ha detto e, ribadisce Amos, che la sua missione non è frutto di un interesse personale ma perchè è strumento del disegno di Dio che desidera condividere la vita piena raggiungendo chi è più lontano. Il profeta, dunque, è custode della Parola e ha il compito di donarla senza appropriazione alcuna.

Il mandato che Gesù dà nel Vangelo (Mc 6, 7-13) è proprio quello di mettersi in cammino poggiando sulla Parola ricevuta tenendo solo un bastone come ad indicare la necessità di lasciarsi sostenere e a non confidare esclusivamente in se stessi.

La bisaccia, il pane o il denaro comporterebbero un obiettivo di accaparramento cioè di provvedere a se stessi contaminando il senso dell'evangelizzazione. È facile, altrimenti, cadere in trame di convenienza in cui la progettazione pastorale potrebbe finire col prestare attenzione all' “utile” da ricavare. Se così fosse non continuerebbero ad esserci martiri nella Chiesa, uomini e donne che si donano senza riserva rimanendo segno di contraddizione per un determinato contesto denunciando, con la loro presenza, che c'è un'altro modo di vivere, quello di chi gioisce per il Bene altrui.

Il Male da cui viene guarita l'umanità che accoglie la Parola è quello che ferisce l'umanità di ogni tempo, le strutture di peccato che generano ingiustizie e discriminazioni, guerre tra i popoli.

È interessante, infine, notare che Gesù prima chiama a sé i discepoli, li invita a rimanere con Lui e proprio questa relazione permetterà l'Annuncio evangelico. Senza ascolto e consegna totale al Maestro non è possibile alcuna azione della Comunità cristiana, è da questa comunione che si rende possibile l'andare senza cercare nulla di proprio.

Celebriamo oggi la giovane Rosalia de' Sinibaldi che non esitò a lasciare la corte di re Ruggero per ritirarsi nell'essenzialità di una grotta per vivere con il Maestro e divenire, così, sua discepola. L'opera di questa donna rimane nella storia, travalica i singoli momenti e, oggi, Palermo la ricorda come sua custode, lei che rinunciando alle apparenze si è nutrita della Parola, quella che guida da sempre l'orizzonte cristiano. 

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