“From Paris with love”, questa la scritta sulle bombe caricate sotto i caccia francesi che, all’indomani dell’efferato attentato che ha colpito Parigi, erano in partenza per la Siria.
Sono rimasto in silenzio, un turbinio di pensieri e moti d’animo ha afferrato la mia quotidianità, un senso di ribellione attraversa queste giornate in cui l’umanità intera sta appesa allo schermo televisivo, del pc o dello smartphone. Continuo a chiedermi: è possibile che questa sia la risposta dell’uomo civilizzato che crede nei valori della fraternità, libertà ed uguaglianza?
So bene quanto la difesa dei valori abbia un prezzo, a volte davvero alto, così come insegna il Maestro. È, sembra fatto apposta, la meditazione che fa in questa domenica la Comunità cattolica.
Non viene proposto il Vangelo della Trasfigurazione e neanche una scena pasquale per celebrare la solennità di Cristo Re. In questa domenica, piuttosto, nella cornice del processo a Gesù ci viene consegnata la pagina dell’interrogatorio tra il procuratore romano Pilato e Gesù. Un magistrale dialogo in cui a fatica si distingue chi interroga e chi è processato, il giudice e l’imputato. A tratti sembra che Pilato cerchi di giustificarsi facendo un’ammissione di fede: è lui a proclamare per primo che Gesù è il Re dei giudei. Quasi impaurito a tratti e timoroso di imputare un capo d’accusa che, si fa sempre più persuaso, risponde a menzogna.
Si rivela, nel Vangelo di oggi (Gv 18, 33-37), la regalità di Gesù delineata da una missione ben precisa: restituire Verità a questo mondo combattendo con le armi della fede!
Sì, di lì a poco Gesù sarà coronato di spine e, successivamente, condotto al Calvario. L’epilogo del processo sarà proprio quell’incoronazione seguita da scherni e percosse. In tutto l’interrogatorio, infatti, si assiste ad una sorta di controparola pronunciata da Pilato e la verità restituita da Gesù. Il primo teme un re rivale a Cesare, si pone cioè con un’indagine competitiva simile a quell’atteggiamento che, sovente, l’uomo adotta per leggere gli eventi della sua vita. Interrogativi del tipo “Potrà togliermi qualcosa?” o “Che utile ne ricavo?”, sembrano soverchiare le giornate di molti caricandoli di strategie difensive piuttosto che di logiche comunionali.
Gesù stesso chiede a Pilato il perché di quella domanda, quale movente lo spinga a determinate scelte. Pilato è influenzato da logiche di convenienza (equilibrio politico nell’evitare sommosse e conservare il suo prestigio nei confronti di Roma), e mantenere il potere sembra essere il suo criterio di discernimento.
Gesù si sottrae a quella logica di competizione dicendo che il suo Regno non è di questa terra e, poi, incalza dicendo che altrimenti i suoi avrebbero già combattuto per difenderlo. Non accetta quel tipo di battaglia, non viene risucchiato in quel vortice antagonista. Piuttosto Lui aveva impedito a Pietro di combattere con la spada, quella reazione avrebbe dato potere all’altro, sulla propria vita, e non a Dio.
Dipende da ciascuno di noi decidere a chi affidare la propria esistenza: chi vive per reazione ha consegnato la propria vita, l’umore e la comprensione, all’altro di turno. È così che l’aggressione subita diventa motivo di astio e rancore fino al punto da tramare una vendetta ancora maggiore. È perciò che sono rimasto sgomento nel leggere la scritta “From Paris with love”.
Sintonizzarsi con il male dell’avversario equivale a lasciarsi governare da lui, intossicarsi ulteriormente, mantenendo sanguinanti le ferite attraverso l’odio e la tristezza. Ancora una volta la menzogna del male viene a confondere l’orizzonte dell’uomo, fino a perdere il confine tra verità e menzogna, tra amore e morte.
Il processo a Gesù diventa l’occasione per “rendere testimonianza alla verità”. Lui svela la sua missione, quella di restituire all’uomo la capacità di ascoltare la Parola di verità. Fin dalle origini, infatti, l’umanità aveva perso la Luce obbedendo ad una parola di menzogna: “diventerete come Dio”. Quell’ascolto aveva fatto percepire Dio quale antagonista da raggiungere, oppressore da espiantare. La creatura aveva, così, perso la verità su se stessa, creata già ad immagine di Dio, creata per condividere il suo Regno.
Perdere questa Verità di fondo equivale a sbagliare direzione nella vita, affrontare falsi combattimenti che potrebbero assorbire tutte le energie del quotidiano lasciando un residuo di mestizia ed insoddisfazione. È l’uomo del nostro tempo, in continua frenesia alla ricerca di un padrone a cui asservirsi.
Proprio dal trono della Croce Gesù affermerà la propria regalità, attraverso il continuo dialogo con il Padre, dialogo di consegna della propria vita e di perdono per i crocifissori.
Ci sorprendiamo nel cogliere come un uomo (cosiddetto “buon ladrone”) pur guardandolo in quella condizione così precaria, compresa la fallace direzione della propria vita, gli affidi tutta la sua esistenza. Lo riconosce Re vedendolo amare, anche lui in quel momento sperimenta il supplizio della croce ma è rapito dal modo in cui Gesù sta affrontando quell’Evento.
Quell’uomo si è sintonizzato con la speranza che porta quel compagno di sorte. Anche lui, ci pare, sta già guardando oltre, sta riscoprendo tutta la sua vita con la Luce che gli dona il Crocifisso, ma non si chiude ora, affida tutto a Lui sentendo che non è più solo.