Chi paga le spese delle cattedrali di consumo?

by Mauro 26. dicembre 2011 08:42

          La realtà della nuova economia globalizzata vede sullo scenario internazionale delle vere e proprie cattedrali del consumo,  a casa le puntuali proposte di acquisti dal web e fuori mega centri commerciali che vengono ad assumere una connotazione direi magica o sacrale. Mi pare che lo scenario dettato dalla logica dei consumi (più acquisti e più vali) non sia adeguatamente osservato e ancor meno vengono valutate le conseguenze di simile disegno così perfetto nelle apparenze.
         La persona inglobata in un sistema spinto all'agito compulsivo degli acquisti man mano maturerà nuovi stati di sofferenza psichica e avrà sempre maggiori difficoltà nell’ambito relazionale. Prendiamo brevemente in esame la fascia che potrebbe pagarne maggiori conseguenze: i giovani.

        Tale contesto induce sempre nuovi bisogni, venendo a perpetuare un sistema di dipendenza e di strumentalizzazione alle logiche di mercato. In questo stato di cose, dove il benessere viene immediatamente legato alla soddisfazione edonistica, si rende difficile l’individuazione dei reali bisogni del giovane e dell’orizzonte di senso a cui dare spazio. Camuffando la proposta con una veste di libertà, lo stesso principio del piacere, assunto ad assioma fondante la società globalizzata, in realtà viene ad obbedire a tale sistema finendo col trasformarsi più in un dovere fare che in un mi piace fare.
         La caduta dei riferimenti stabili, l’assunzione del mutevole a categoria di riferimento porta alla incapacità di raccontarsi, di fare storia attraverso la propria vita. Il presente sembra non avere memoria del passato (in realtà ne porta le ferite lasciate aperte) ed il futuro eluso perché potrebbe questionare il presente. Se il centrarsi sul qui e ora potrebbe essere l’atteggiamento auspicabile da parte del terapeuta che dovrebbe arrivare all’incontro con il cliente senza memoria e senza desiderio, tale atteggiamento di vita porta ad una sorta di vuoto interiore caratterizzato dalla precarietà direzionale.
         Per comprendere dove andare devi sapere da dove vieni, questa perdita di radici non permette allo slancio vitale insito nella crescita di trovare piena espressione. Si assiste, appunto, ad un rapido processo di cambiamento in cui non è possibile dare sufficiente spazio all’integrazione delle esperienze fatte con le informazioni ricevute, proprio perché subito ne subentrano di nuove. Viene meno, così, la possibilità di una pianificazione della propria vita attraverso un progetto che abbia una sua gradualità e continuità.
Simile situazione viene a procurare nel giovane non poco disagio ed inquietudine fino ad impedirne il naturale processo di graduale adattamento. A ciò contribuiscono le continue provocazioni, spesso strumentali alla logica dei consumi, che non hanno il tempo di essere confrontate e verificate.
       Il prezzo da pagare è alto, il giovane prima di passare al mondo adulto viene così a trovarsi in una fase di transizione molto dilatata nel tempo, prende tempo perché non ha gli strumenti per decidere. Il passaggio alla vita adulta finisce con il non essere più segnato dall’autonomia lavorativa o dalla decisione di formare una nuova famiglia. Anche la carenza della offerta lavorativa si innesca perfettamente in questo stato di cose.  
Il quadro che abbiamo brevemente tracciato ci fa comprendere quanto compromessa possa risultare la possibilità di scelte responsabili, stabili nel tempo, così come la possibilità di relazioni autentiche, incontri che non rispondano alla logica della “cosificazione” tipica di chi considera il giovane come un tassello del mercato dei consumi. Oltretutto ci sembra che possa essere segnato il processo di formazione identitaria con il conseguente rischio di non riuscire ad integrare la propria identità con i ruoli sociali richiesti.

        Un’analisi che ci porta ad una ulteriore considerazione: quale può essere la nostra parte?

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Comments (1) -

Piero
Piero Italy
26/12/2011 10:29:38 #

Leggendo il post mi è venuto in mente l'opera "Al di là del principio del piacere", S. Freud, 1920.
Mi sembra interessante evidenziare come il moto pulsionale dominante di "questa società finanziaria", legata al principio del piacere non riesca ad evolvere ad una fase più matura legata al principio di realtà.
dall'opera citata possono essere diversi gli spunti riflessivi...suggerisco ai lettori di questo post.

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