by Mauro
28. February 2013 22:00
Domani 1 marzo ricorre il triste anniversario del primo blocco di muro di cemento armato innalzato nel 2004 per separare Betlemme da Gerusalemme (vedi http://www.larelazionechecura.it/post/Al-di-la-del-Muro.aspx). Famiglie che si sono viste espropriate di case e terreni perché invase da uno sconfinato muro, una città che ha perso la sua identità territoriale perché amputata di una sua parte, cittadini che hanno assistito impotenti ad una occupazione che ha poco di ragionevole.È triste sapere che i bambini di Betlemme giocano nei quartieri sotto il muro in mezzo ai pattugliamenti dell’esercito occupante, bambini che sono testimoni di scontri e che l’essersi trovati lì al momento del lancio del primo lacrimogeno ai loro occhi è come una dimostrazione di valore, una impresa goliardica da potere raccontare ai compagni di gioco.
Eppure di gioco non si tratta e, purtroppo, qualcuno di loro ha pagato a caro prezzo l’essersi trovato in mezzo al conflitto armato.
Ma perché sto a fermarmi su quello che può vivere un bambino innanzi ad uno scenario di guerra assunto a normalità? Credo perché è da lì che bisogna ripartire, dall’educare ed accompagnare i bambini palestinesi ed israeliani verso una cultura di pace, del rispetto della vita.
Il problema è che continue tensioni si respirano nelle famiglie, basti pensare lo sconvolgimento di un quartiere quando nel buio della notte sopraggiungono i militari israeliani per un raid volto a cercare ed arrestare qualche facinoroso che il giorno prima ha lanciato pietre al di là del muro o sui militari piantonati lungo il checkpoint.
Ho ascoltato questo pomeriggio la testimonianza di una ebrea dissidente che insieme ad altre cento donne israeliane ogni giorno si avvicendano per piantonare il checkpoint di Beltemme per verificare che venga rispettata la dignità dei palestinesi ed in particolare se donne e minori vengono tutelati.
La decisione di prendersi cura della dignità degli esseri imani che stanno al di là del muro è nata quando anni fa, hanno saputo della tragica storia di una donna palestinese. Lei aveva atteso per nove anni di poter avere un bambino e quando, attraverso diverse cure, era riuscita a rimanere incinta aveva scoperto che si trattava di due gemelli. Alle prime doglie si era recata al checkpoint ma i militari israeliani non la lasciarono passare per cui partorì proprio lì e assistette, inerme, alla morte di entrambi i nascituri a motivo della mancanza di assistenza. All’ulteriore insistenza delle altre donne di lasciarla passare, perché stava morendo dissanguata, ecco che il varco si aprì e quella donna poté andare a Gerusalemme e la sua vita fu salva...
Domani saremo al di là del muro, ripartire dalla solidarietà è il primo passo per riaprire uno spiraglio in vista della pace.
Oggi Benedetto XVI conclude il suo ministero e proprio qua in Terra Santa, durante l'ultima sua visita, aveva mostrato tutta la sua comprensione per le sofferenze dei palestinesi e aveva invitato il popolo palestinese "a rialzare la testa" per cercare una nuova via di dialogo.
Troverà un interlocutore disposto a volgere lo sguardo? Questa è la nostra speranza.