Anche tu cambi canale?

by Mauro 24. marzo 2019 09:39

       Non è più possibile cambiare canale. Il tempo che scorre ci interpella e non possiamo fare finta di niente come se fosse possibile eludere il tempo. I fatti quotidiani chiedono risposte oggi, perchè nel mentre qualcuno paga il prezzo dell'indifferenza altrui.

      Abbiamo bisogno di entrare nella concretezza dei fatti per riuscire a trovare la nostra missione di vita e cioè quel che è nostra responsabilità. Quanta astrazione o discorsi preconfezionati mantiene l'individuo in uno stato di sospensione senza alcuna scelta, per discernere è necessario calarsi nella storia e nell'umanità che la attraversa e solo lì sarà possibile cogliere il da farsi.

     Spesso si ragiona per luoghi comuni senza documentarsi su quel che accade e questa mentalizzazione diventa un modo per anestetizzare la coscienza propria o altrui. L'andare dietro all'opinionismo di tendenza è molto rischioso e spesso legittima ingiustizie di grave spessore come accade ai nostri giorni quando notizie tendenziose veicolate dai social vengono ad indurre velocemente ad una caccia allo straniero o a pesanti discriminazioni.

Proprio trent'anni fa veniva ucciso Oscar Romero, vescovo di El Salvador. Lui aveva preso posizione denunciando la violenza dei potenti: da una parte il governo che ordinava l'uccisione dei contadini e dei bambini e dall'altra quella dei gruppi armati che pretendevano di riscattare la giustizia utilizzando le stesse armi degli oppressori. Avrebbe potuto scegliere il “quieto vivere” don Oscar, quella indifferenza propria di ogni tempo in cui il tacere equivale a schiararsi dalla parte del più forte. Ieri notte non avrebbero incendiato l'auto della portavoce di Libera che durante la manifestazione di giovedì scorso a Palermo ha ricordato i nomi di tutte le vittime di mafia.

La Parola di questa terza domenica di Quaresima immerge lo sguardo nella storia personale e comunitaria di un popolo e illumina l'esistenza verso un cammino capace di reale cambiamento.

Dapprima troviamo Mosè (Es 3,1ss.) fuggito dal faraone d'Egitto dopo avere preteso di fare giustizia uccidendo un egiziano che opprimeva i fratelli ebrei. Fino a quel punto la sua riflessione si era fondata sulle sue forze, la capacità di agire così come agivano gli egiziani e cioè con la violenza. La sua nuova quotidianità, nel mentre che pascola il gregge del suocero, viene visitata dalla presenza di Dio nel roveto ardente. È incuriosito dalla scena e pertanto si avvicina, lì viene fermato dalla voce di Dio che lo invita a togliersi i calzari per accedere a quella mirabile visione.

Per entrare appieno nel senso della vita non si può rimanere spettatori, togliersi i calzari è come compromettersi con la realtà che si vuole conoscere, ciò vale in rapporto a Dio e, di conseguenza, nella relazione con la storia personale e comunitaria di un popolo. Anche Dio ha ascoltato la sofferenza di Israele così come un tempo aveva fatto Mosè ma gli indica una via nuova per agire, lui dovrà usare la parola dopo essere rimasto in ascolto di Dio. È l'orizzonte di senso a dare significato ai gesti quotidiani, senza verticalità ciascuno finirebbe col cercare il tutto in quel che è limitato o col caricare di aspettative smisurate se stesso o l'altro.

Anche la pagina evangelica (Lc 13, 1-9) si muove in questa direzione. Stanno a questionare Gesù per avere un suo parere in merito alla strage compiuta da Pilato profanando il tempio durante l'azione liturgica uccidendo i galilei zeloti e mescolando, così, il loro sangue con quello degli animali sacrificati. Una questione tendenziosa che, come di consueto, vorrebbe trarre in accusa Gesù a seconda delle sue affermazioni. Il Maestro sposta l'attenzione sulla loro responsabilità verso la vita, perchè serve a ben poco strutturare il tempo col parlare di altri o di come avrebbero potuto agire, quel che è importante è discernere il proprio orientamento quotidiano per riflettere sulla propria parte. Quello che è davvero importante è la conversione e, dunque, l'abbandonare la logica di violenza, che di fatto apparteneva sia a Pilato che agli zeloti, e intraprendere la via inaugurata da Lui.

Gesù rincara il suo dire facendo riferimento ad un'altra tragedia dovuta al crollo di una torre, un evento fortuito che improvvisamente ha tolto la vita a un gruppo di persone. Il punto centrale è la preziosità del tempo di grazia che ciascuno vive oggi.

Comprendiamo, allora, la rivelazione che Dio aveva fatto a Mosè presentandosi come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Lui si è già compromesso con la storia dell'umanità e manifesta la sua identità in rapporto ai padri e, quindi, a ciascuno che entra in relazione con Lui.

La storia di ogni persona è già visitata da Dio ed è questo il tempo opportuno in cui fare la propria parte.

Mosè cambierà l'agire individualistico di prima. Ora tornerà dagli egiziani facendosi forte della sua relazione con Dio, fragile e balbuziente ma fiducioso nella Parola che Dio gli consegna.

 

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