Torniamo a "pianificare dal basso"

by Mauro 16. gennaio 2013 12:30

        “La cultura è l’ottavo sacramento” così si esprimeva don Milani pensando al compito educativo che ha la Scuola e a come la Scuola tradizionale sovente si riduceva ad essere  “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
        Più volte ho sentito ripetere a Sarina Ingrassia nel centro educativo “Il Quartiere” a Monreale, “nella Scuola non c’è spazio per i nostri ragazzi”. La casa di Sarina da quarant’anni trasformata in luogo di accoglienza per i ragazzi che non avevano, al ritorno da Scuola, un luogo ove mangiare e dove potere studiare e soprattutto trovare rapporti umani, così come la Scuola di Barbiana, viene a denunciare la grave emarginazione sociale a cui si va incontro.
         La profonda azione di denuncia che negli anni ’50 Danilo Dolci portò avanti a Palermo ed in tutta la Provincia, ancora oggi abbisogna di risposte concrete, di uno scendere a contatto con le questioni della gente per trovare non “soluzioni” fittizie ma percorsi da condividere. Vie di partecipazione sociale ove a ciascuno è data la possibilità di contribuire alla crescita personale e comunitaria. Il “Centro  Studi ed Iniziative” a Partinico proponeva appunto una pianificazione dal basso.
         È paradossale vedere come l’emarginazione delle fasce di popolazione più disagiate viene eretta a “sistema” da una politica che già attraverso la sua progettualità interviene sui problemi sociali attraverso proposte formali e non di contenuto.
       Un esempio per tutti l’ultimo Concorsone per definire i precari della Scuola! Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo ebbe a dire ai giornalisti che il concorso sarebbe stato “serio” ed il Paese sarebbe tornato alla normalità definendo i docenti che avrebbero insegnato nei successivi trent’anni. Docenti capaci di stare al passo con i tempi e soprattutto capaci di “comunicare” con i giovani.
       Mi chiedo quale sia questo criterio di “serietà”  e, suppongo, di “competenza educativa” così come lo intenderebbe il ministro.
       Certo è che nella preselezione i quesiti matematici ed algebrici oltre che linguistici presupporrebbero una fluida capacità di ragionamento che, a dir vero, potrebbe essere dimostrata anche da una buona capacità mnemonica frutto di un apprendimento “mirato” e non tanto da una competenza di base adeguata. Criteri che hanno poco del savoir faire umano che, a nostro avviso, dovrebbe essere patrimonio di un educatore. Riporto a riguardo uno stralcio dell’articolo di Alex Carlazzoli, giovane che con i ragazzi del “Quartiere” a Monreale ha condiviso strada e progetti educativi, pubblicato su Il Fatto Quotidiano, dal titolo Lettera ai miei allievi: oggi hanno bocciato il maestro:
     “Cari allievi, oggi il vostro maestro è stato bocciato. Sì, avete letto bene: il Ministero della Pubblica istruzione, al Concorsone, mi ha rimandato. Il maestro, che ogni anno entra in classe insegnando storia, geografia, musica, educazione all’immagine, informatica, scienze, dopo aver passato un concorso e ottenuto l’abilitazione nel 1999, non ha passato il test di preselezione che è stato costretto a fare per tentare di non essere più precario.
      Un personal computer, non una persona, in cinquanta minuti ha deciso che io non potrò continuare a essere il vostro maestro ogni anno ma sarò destinato ancora a girare come le giostre da un paese all’altro.
Volete sapere cosa mi hanno chiesto? No, non ho il coraggio di dirvelo, cari allievi. Voi state immaginando domande sulla didattica, su come si trasmettono a voi la storia, la geografia, l’educazione civica. State immaginando che mi hanno “interrogato” per sapere come v’insegno a usare internet, la mail, i social network che il 74% di voi utilizza.
      No, nulla di tutto questo. Mi hanno fatto un quiz, come quelli che fate voi quando vi costringono a fare i test dell’Invalsi più o meno. Per sapere se so fare il maestro mi hanno chiesto: “Pamela, Fiona e Gina, sono tre ragazze newyorkesi. Stanno prendendo il sole in una piscina della loro città. Pamela indossa un costume intero. Fiona legge un libro, Pamela e Gina sono cugine”. Dovevo indovinare la risposta esatta tra queste quattro:  “Fiona è una studentessa universitaria;  Pamela è grassa; a Roma non sono le 9 del mattino; Pamela e Fiona sono cugine”.
     Lo so che state ridendo. Ma i vostri maestri oggi non hanno il sorriso. Dicono che si chiama logica, cari ragazzi. 
Eppure domani dovrò tornare in classe in una scuola illogica. Mi hanno bocciato ma per qualche mese servo ancora al signor ministro che avrei voluto vedere fare un test con me.
    Domattina tornerò tra voi, continueremo a leggere il quotidiano insieme, a imparare la Costituzione e la democrazia con i nostri consigli comunali di classe. Parleremo ancora di musica senza suonare il piffero ma ascoltando Fabrizio De Andrè e Giorgio Gaber. Vi insegnerò scienze portandovi alla fiera del consumo critico a Milano. Cercherò di ascoltare ancora i problemi di quelli tra voi che hanno il papà e la mamma separati; di chi non riesce a studiare perché a casa non c’è nessuno che lo può aiutare visto che mamma e papà parlano poco l’italiano ma molto bene l’arabo.

    No, non mi sono dimenticato: anche se non so bene rispondere al quiz di Fiona, Gina e Pamela; anche se la nostra Scuola italiana non ha soldi continuerò a organizzare il nostro viaggio d’istruzione al Parlamento a Roma o sui beni confiscati alla mafia in Sicilia, cercando soldi tra qualche imprenditore. Andremo a Mirandola, a incontrare i bambini che vivono nei container: perché per noi parlare di Emilia è anche questo…


 

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