Passione Civile ai Danisinni

by Mauro 21. luglio 2016 08:53

     Passione civile, il titolo de I giovedì ai Danisinni che vivremo oggi dalle 19.30 in poi. Un incontro con la Comunità Emmaus a cui daranno voce Franco Monnicchi e Nicola Teresi.

   Secondo la sensibilità dell’Abbé Pierre, frate cappuccino morto nel 2007, il movimento internazionale Emmaus promuove la partecipazione alla cittadinanza attiva per riflettere e condividere valori di vita con una particolare attenzione ai più poveri.

    Promuovere i territori a partire dall’incontro e dalla condivisione è il senso dei Giovedì ai Danisinni, spazio di pensiero e di relazione in cui il Parco Sant’Agnese, Oasi cittadina, favorisce la sosta, la narrazione e l’ascolto.

   Quello dell’ascolto è un principio cristiano molto caro alla spiritualità francescana, in questa prospettiva l’Abbè Pierre guardava la realtà e l’esistenza dei “senza diritto” per farne emergere potenzialità, sogno e desiderio di vita.

   Il ricordo ci porta ad una significativa parabola raccontata da Gesù, detta “del seminatore”. Con quelle parole il Maestro mostra come di fronte alla vita si può rimanere spettatori latitanti, uomini  periferici, oppure entrare nei meandri, anche quelli più bui, fidandosi della Parola di Bene, capace di trasformazione.

Quel seme (la Parola di vita vera) che cade sul suolo trova accoglienza diversa. La potenzialità della Parola è la stessa, è capace di fecondità e trasformazione, differente però è l’atteggiamento di chi ascolta.

La strada è il suolo impermeabile, l’uomo saccente e sicuro di sé. L’atteggiamento proprio di chi non crede al primato della relazione ma instaura rapporti di dominio e comunque rimane impermeabile di fronte ai bisogni altrui. È l’individuo che viene depredato dai rapaci, come lui, che strappano via la Parola appena accolta e lo lasciano in balìa dei luoghi comuni, dei pensieri vuoti di questo mondo. Conosco, a tal proposito, professionisti e uomini di “cultura” che affidano la loro giornata ad un talismano o a riti propiziatori p Altra superficie è il terreno contornato da sassi. È la postura dell’uomo incostante, quello che cerca l’emozione di un momento che pensa alla vita come un continuo “mordi e fuggi”, in preda alle emozioni ed incapace di creare legami, cioè mettere radice. La missione, quella quotidiana, ci ricorderebbe l’Abbé Pierre, richiede un passo al giorno senza possibilità di salti o corse. Stare in mezzo alla miseria umana è possibile se si accetta che la trasformazione è graduale e non miracolistica, fonte di condivisione e non di interventi estemporanei “dall’alto”, così come sovente accade in tempo di campagna elettorale!

Il suolo irto di rovi è quello che soffoca il pensiero ed il progetto di vita. È la piattaforma su cui si muove l’affaccendato, il businessman, povero di mete e ansioso per il successo da ottenere anche se a discapito del prossimo. L’individualismo del nostro tempo vorrebbe allevare questo tipo di generazione, tipico della società dei consumi, il pensarsi Comunità è ben altra cosa.

Poi c’è il terreno buono, quello di chi ascolta. Sì, requisito necessario per stare nelle questioni della vita è l’ascolto da cui scaturisce relazione, comunicazione, incontro. Buona conversazione…

 

 

 

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