Ludopatia ovvero dipendenza da gioco d'azzardo. Quale politica?

by Mauro 23. marzo 2012 20:07

         Finalmente un’azione politica degna del prendersi cura dei cittadini e del proprio territorio. Un’amministrazione, quella di Verbania, ma ancor prima quella di Tradate, che vieta l’apertura delle slot machine e dei videopoker al mattino nei locali pubblici della cittadina. Una scelta a tutela dei giovani studenti che per ore al mattino rimangono chiusi dentro i locali ad armeggiare sulle slot alla ricerca di una vincita che prima ancora che economica sembra essere adrenalinica. È paradossale che ad oggi quello del gioco sia uno dei maggiori introiti dello Stato, più di sessanta miliardi annui, ed al contempo una delle cause di maggiore disagio per la collettività, circa settecentomila persone, considerando l’induzione a dipendenza che provocano portando sovente a disastri finanziari e relazionali all’interno delle famiglie. 
         Un piano finanziario diligentemente studiato con dovizia strategica da metà anni novanta in poi, quando nasceva il Superenalotto e il Bingo, e man mano fino al 2003 quando è stata legittimata, quale opportunità pubblica, la slot e a seguire le scommesse Big Match, quelle online, e in ultimo (ma già ne staranno promuovendo altri) i giochi Win for Life.
Il risultato? Il fenomeno della dipendenza da gioco d’azzardo è in rapida espansione anche tra i giovanissimi e non solo nel mondo adulto.
       La ludopatia comporta una progressiva perdita del controllo dell’impulso del giocare arrivando ad una vera e propria dipendenza anche se non c’è l’assunzione di sostanze psicotrope, con le medesime conseguenze sulla salute mentale del giocatore. Man mano si assiste ad un eccessivo coinvolgimento nelle azioni di gioco, il ludopatico fin dal mattino inizia a pianificare, pensa a strategie nuove per vincere ed investe  somme sempre più elevate, il giocatore diventa sempre più irritabile se cessa di giocare o se non ha i soldi per le puntate. Tutto ciò viene a compromettere le relazioni più significative fino a lasciare il giocatore in uno stato di profonda prostrazione che cerca di anestetizzare attraverso il gioco. È come se la persona fosse presa da un pensiero magico, proprio del bambino, coltivando l’illusione di un controllo sugli avvenimenti, come una sorta di potere propiziatorio. 
       Il piano sanitario del Piemonte è stato il primo ad inserire nel piano del SERT anche le dipendenze da gioco. Oggi la problematica è certo questione ritenuta importante dal Ministero della salute ma di fatto il mondo della politica sembra prendersi maggiormente cura delle cifre economiche dettate dagli ingenti introiti nelle casse dello Stato, rinunziando così ad un dibattito preventivo sulla patologia indotta. Proprio in questi giorni unica risposta ufficiale pare quella del TAR che ha condannato il Comune di Verbania al pagamento di una multa per avere osato censurare chi la libertà del cittadino intende tutelare.
       Mi torna in mente una diatriba di circa dieci anni fa, quando attraverso una raccolta di firme abbiamo chiesto di regolamentare l’apertura domenicale dei centri commerciali considerato il grave disagio procurato alle famiglie dei dipendenti che avevano solo la domenica per riunirsi. Abbiamo subito colto di come la cultura delle compere nel giorno festivo, veniva ad insinuare il rischio del “fare” o del “comprare” per trovare appagamento ai propri giorni. Un modo per diseducare alla cultura del gioco, dello stare a contatto con la natura, del dedicarsi a prendersi cura delle relazioni umane senza frenesia o tornaconto. La festa quale tempo che dà colore alla propria vita non per quello che si ha ma per quello che si è e si condivide con l’altro. Ma certo anche in quel caso era di interessi economici che si trattava.

 

 

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