Cambiare è possibile

by Mauro 26. novembre 2016 19:34

        L’esistenza scorre in un continuo processo di cambiamento, ogni giorno che passa non siamo più quelli di prima anche se, apparentemente, tutto sembra rimanere uguale. Per il vivente, infatti, non esiste un equilibrio statico: o si procede in una graduale evoluzione oppure si arretra spegnendo sempre più il desiderio di vita.

         Cristianamente questo processo viene tradotto con il dirigersi verso il Bene sottraendosi alla spinta che vorrebbe orientare al Male. Non esiste una posizione ibrida e la mancanza di scelta, così come l’indifferenza, porta ad un progressivo decadere fino all’autodistruzione.

         Sappiamo bene che non si tratta di processi lineari, spesso l’esistenza non è affatto rettilinea e, oltretutto, la vita cristiana si evolve per paradossi: il morire per vivere, il donare per ricevere, il servire per appartenere al Regno.

Lo spettatore della vita, cioè il tipo “giusto” che ha puntualmente giudizi e soluzioni per tutti, potrà giudicare insensata questa premessa e, magari, coglierla come un’astuzia per nutrire l’ottimismo cristiano. In realtà solo chi rinuncia a tale piedistallo può entrare nell’esperienza autentica e conoscere da vicino quel che significa esistere!

La liturgia di questa prima domenica di Avvento inizia il nuovo anno liturgico prospettando una nuova esperienza del tempo, declinata dalla relazione con il Signore.

Isaia (2, 1-5) descrive l’umanità, nello scenario della fine dei giorni, con un particolare anelito alla comunione fraterna, alla custodia reciproca: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore».

Lo strumento di morte viene utilizzato per coltivare e nutrire, cioè per custodire il Creato e la gente che lo abita. Il tempo è, cioè, inteso quale occasione per costruire relazioni di pace e di custodia, occasione per trasformare quel che è offensivo in quel che è comunionale.

Questo, ribadisce Isaia, è quel che si intende con “camminare nella luce del Signore”. Non dice di andare dietro alla luce ma di camminare in essa, è la missione della Comunità cristiana chiamata non ad imitare il Maestro ma a lasciarsi trasformare dalla Sua presenza. Ciò significa uscire dalla logica pelagiana di chi vorrebbe fare del cristianesimo un atto di volontà personale, cioè un mero sforzo volontaristico per fare il bene senza prima partire dall’accogliere il Dono di Dio e, cioè, fare spazio alla Sua grazia.   

Il Vangelo fa un rimando ai giorni di Noè (Mt 24, 37 - 44)  per indicare quanto l’ingresso di Dio nella storia accada nella ferialità, nella quotidianità in cui si mangia e si beve o in cui si prende moglie e marito.

Con questa immagine Gesù prende le distanze da ogni sorta di formalismo in quanto «… non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata».

Non è tanto quel che si fa ma quello che muove l’agire dell’uomo. Viene contestata l’indifferenza di quanti vivono senza profondità e cioè senza dare un orizzonte di senso alle cose che fanno.

Torna l’importanza della scelte da prendere nella propria esistenza, e senza prendere posizione rispetto alle cose che accadono si rischia di rimanere travolti dagli eventi in modo quasi inconsapevole.

La tiepidezza è come un cancro spirituale, che pian piano riesce a destrutturare il prezioso dono che il Creatore affida alla vita di ciascuno.

Tale prospettiva permette di chiarire che colui che si sente defraudato lo è perché si è impadronito delle cose di cui è solo custode. Di conseguenza l’arrivo del Signore a cui appartiene ogni cosa e anche la propria vita, viene percepito come l’irruzione di un ladro!

La vita cristiana si modula piuttosto sul registro del servizio e cioè sul prendersi cura dell’altro e del rinunciare a vivere per se stessi.  È questo il senso del “vegliare”, tempo in cui il Signore si rivela quotidianamente lasciandosi incontrare.

Il tempo di Avvento lo cogliamo, in definitiva, non come minaccioso ma come tempo amico, occasione per nutrire il desiderio di Dio, occasione per consegnare a Lui ogni ansia e pretesa di controllo della storia e delle proprietà, opportunità per servire nel nascondimento fiducioso.

È in questo tempo, così vissuto, che sarà possibile accogliere l’ospite improvviso, rispondere alla richiesta non preventivata e scoprire, così facendo, la visita di Dio…  

 

Add comment

  Country flag

biuquote
  • Comment
  • Preview
Loading

Month List

RecentPosts