Egocentrismo o allocentrismo: questioni di vita

by Mauro 5. febbraio 2012 16:11

          Egocentrismo ed allocentrismo sono polarità che da sempre questionano il vivere umano. Oggi la Comunità ecclesiale medita un passo dal Vangelo secondo Marco (1, 29ss) che a primo acchito sembrerebbe ritrarre una scena di estrema ordinarietà quasi da rimanere perplessi sulla sua fattiva importanza. Si tratta della guarigione di una donna, la suocera di Pietro, dalla febbre. Ma come mai per l’evangelista e per Gesù questo episodio sarebbe così rilevante tanto da aprire la lunga serie di guarigioni che Gesù di Nazaret compirà nel suo viaggio lungo la Galilea?
           In primo luogo la cosa straordinaria è che un Rabbì si prenda cura di una donna, fatto del tutto inaudito per la società del tempo ove di donne e bambini non si teneva conto. Una società ove era l’uomo a determinare le scelte della vita e dove le questioni di senso andavano discusse alla sola presenza degli uomini. Eppure il Vangelo è scandito dalla presenza di donne che interagiscono con Gesù, la prima è Maria, e che sembrano mostrare una particolare affinità con Dio.
           Gesù passa dalla Sinagoga di Cafarnao, luogo del culto, della relazione con il divino, ad una casa, luogo delle relazioni familiari ed amicali. Luogo in cui in modo privilegiato si è chiamati a riconoscersi e sostenersi a vicenda. È interessante che entrando in questa casa gli venga detto che la suocera di Pietro ha la febbre. La febbre è un sintomo, esprime uno stato di sofferenza, c’è una malattia che la determina. Allora possiamo intendere in essa il sintomo di ogni possibile malattia, di ogni ferità che genera malessere. Il primo bisogno di guarigione di cui Gesù sembra prendersi cura è la malattia centrale dell’essere umano, quella che gli procura stato febbrile, impossibilità ad esserci e ad esprimersi. 
           Ancora la febbre lascia a letto questa donna  impedendole di “servire”. Il verbo non è certo da intendersi con una connotazione negativa, ma come espressione dell’amore, il suo poterci essere si esprime nell’amore per l’ospite, capace di fare spazio in casa e prendersi cura dell’altro. Gesù stesso dirà di sé  che è venuto per servire, cioè per amare. Questo proposito è frutto dello spazio che la creatura trova in Dio, Lui la pensa e se ne prende cura fino ad uscire, incarnandosi, per incontrarla. Certo nella logica ego-centrica non è contemplato l’amore per l’altro, solo quello per se stessi, per cui il servizio è colto come una sorta di svalutazione.
           Gesù incontrandola la fa alzare, stesso verbo che esprime il risorgere, prendendole la mano, letteralmente “impadronendosi della mano”. Ora la mano in ogni cultura esprime il gesto dell’accoglienza: si saluta con un cenno di mano, una stretta, una abbraccio o una carezza. Al contempo può esprimere anche rifiuto, ostilità, basta osservare i gesti degli automobilisti quando si trovano in mezzo al traffico cittadino e si può comprendere la vasta gamma di possibilità. Con la mano si tira il grilletto di un’arma da fuoco o si prepara da mangiare, è lo strumento del potere, esprime il sentimento verso l’altro basti pensare all’uso della scrittura. Gesù entra a contatto con questo potere, lo incontra e mostra il suo potere, stendendo la mano, fondato sulla misericordia.
          Ancora Gesù entrerà in quella casa (Mc 9,33) e nell’entrare chiederà ai suoi discepoli: “di che cosa stavate discutendo lungo la via?”. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande, ancora discussioni in merito al potere, come dominare gli altri. Ed è lì, in quella casa, che stavolta porrà al centro un bambino (bambini e donne erano le categorie che avevano poco valore nella società del tempo) e abbracciandolo dirà loro: “chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. Due immagini, quella della donna e quella del bambino che vengono a restituire un orizzonte di senso alla questione del potere tra gli esseri umani. La maternità propria della donna e l’affidamento proprio del bambino sono le due linee ideali su cui può muoversi la relazione tra gli umani, capaci di fiducia e di accoglienza vicendevole. Con scene di vita quotidiana Gesù mostra come l’allocentrismo può risolvere la questione centrata sul potere.

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