Vivere il deserto e sarà Pasqua

by Mauro 11. marzo 2018 07:51

    Dedicare due giorni all'ascolto e al confronto su questioni quali il deserto esistenziale, la solitudine e la sobrietà nel cammino, la vita come occasione al di là della tentazione, il passaggio per la morte per vivere in pienezza, è un'esperienza che potrebbe apparire fuori moda, eppure è così che la fraternità del terz'ordine francescano dei cappuccini di Palermo ha deciso di trascorre questi ultimi due giorni.

       L'itinerario è partito da una chiara provocazione: “Se riusciamo a vivere il deserto sarà Pasqua”. È l'intuizione biblica e l'esperienza del poverello di Assisi a confermarcelo, senza cammino non c'è Luce. Si tratta di quella vera, ben differente dalle luci frutto di scorciatoie di vita, di compromessi o calcoli che vorrebbero far pianificare l'esistenza in modo autoreferenziale.

      Il cammino verso la Pasqua, infatti, comporta un decentramento e una spoliazione volta all'accoglienza dell'Altro, e il deserto appare quale contesto propizio per preparare questo passaggio.

      Il deserto, metafora dell'esistenza umana, per essere attraversato abbisogna di un quotidiano movimento orientato verso la meta. Non vi sono ripari ove potere sostare oltre il dovuto, infatti, per custodirsi è necessaria la sobrietà, non soltanto la spoliazione dal di più ma anche un'andatura che necessariamente deve rispettare il limite.  Chi cerca vie di fuga iniziando a correre o pretendere di controllare tutto, rischia di sovraffaticarsi lasciandosi prendere dal panico e di perdere facilmente la direzione. Ciò comporta il girare a vuoto con uno sfinimento sempre maggiore fino alla morte.

Francesco d'Assisi mostra la tenacia del mantenere la direzione, malgrado le prove nel deserto quotidiano rimangano incalzanti.

Dapprima esce fuori da quel copione di vita centrato sulla escalation sociale così come era stato per il padre Bernardone che, man mano, era diventato il più ricco commerciante di Assisi, accumulando sempre più successi negli affari. Anche Francesco aveva tentato di affrontare ben due battaglie per crescere nello status sociale e diventare cavaliere al pari dei nobili del tempo. Lo troveremo cambiare direzione, si pensi alla "dolcezza" che sperimenterà baciando il lebbroso che fino a poco prima gli procuravano ribrezzo.

Scopre, Francesco, che non si trova pienezza di vita da soli e che la propria fragilità può diventare l'occasione per aprirsi all'altro senza più vergognarsi. Intuisce che la questione non è tanto quella di aiutare i poveri ma di essere povero per divenire prossimo a loro, all'umanità tutta senza esclusione alcuna.

La spoliazione dinanzi al vescovo e a Bernadone è un gesto eloquente per Francesco, così manifesta l'inedito desiderio di entrare in relazione con Dio e con ogni creatura senza condizionamenti, logiche di calcolo o di misura in base alla “convenienza” del momento.

Riflette, con questo gesto, l'opera realizzata da Gesù che fa crollare la mentalità frutto del peccato. Il non fidarsi del Padre sempre ha per conseguenza il mascheramento difensivo, la vergogna malgrado la veste tessuta con le proprie mani. Non ci sarà mai una veste capace di restituire dignità all'uomo che si è sottratto dallo sguardo di Dio per competizione e paura.

La competizione con il Creatore, pretendendo di essere detentori esclusivi della propria esistenza, conduce a logiche di possesso e di sfruttamento tra gli umani. Alla vergogna per il giudizio altrui e all'ansia per dimostare la propria gloria, il valore che si ha attraverso le abilità, gli averi, il potere. Maggiore è la maschera, maggiore sarà la vulnerabilità e la conseguente ricerca di autoaffermazione.

Francesco rimane conquistato dal Crocifisso di San Damiano ove è raffigurato Gesù denudato e al contempo glorioso. Il santo di Assisi scopre che il dono d'amore non abbisogna di ragionamenti commisurati all'azione dell'altro ma è frutto della relazione col Padre, dell'avere accolto la sua tenerezza in cui è celato il perdono e la cura.

Riscoperta la relazione fondante, il cristiano esce fuori dalla logica della colpevolizzazione. Infatti fino a quando si sta di fronte alla Legge l'uomo si sente in colpa e riprova a comportarsi bene dopo essere caduto, spesso nutrendo una mentalità nevrotica. Quando, invece, si scopre la relazione col Padre si sperimenta il pentimento e questo riorienta verso la meta, con la gioia propria di chi si scopre amato nonostante tutto.

È così che Gesù manterrà parole di misericordia per i suoi crocifissori portando molti al pentimento e alla conversione. È quello che sperimentò don Pino Puglisi nell'ultimo momento della sua vita quando, malgrado avesse di fronte il sicario sopraggiunto per ucciderlo, continuò a mostrare un volto misericordioso che attendeva l'ultimo combattimento ma non da solo, custodito dalla compagnia di Dio.

È la vita ordinaria a diventare occasione per approfondire e custodire la presenza di Dio, non si tratta di un'ascetica frutto di penitenze ed impegno personale volto ad acquisire meriti, ma di una spoliazione in cui la propria povertà diventa l'occasione per la visita del Signore.

Francesco a La Verna, provato da molte malattie e dall'incomprensione dei frati che vorrebbero una Regola meno radicale, fa di quell'umiliazione subita l'occasione per consegnare totalmente la sua esistenza e opera, all'amore di Dio per donarsi così come Lui si è donato.   

L'umiltà di Francesco sarà la condizione necessaria per lasciarsi avvicinare così tanto da Dio, lui diventerà “altro Cristo”, uomo fatto preghiera, ossia immerso in un costante dialogo con il Signore. Il pentimento porta Francesco ad orientarsi verso la meta e a scoprire che è già Pasqua, già fin d'ora il cristiano è abitato dal gusto, dal sapore di Dio. Comprendiamo, pertanto, l'iralità di Francesco, il suo lasciare risuonare la relazione col Padre e il riconsocere la Sua impronta in ogni realtà tanto da appellare con “frate” e “sora” quando entra in relazione con ogni cosa. Anche la morte, che in realtà non è creatura, viene ad essere appellata quale “sora”.

Francesco ha colto che Gesù ha visitato ogni zona d'ombra, ferita, e perfino la morte per incontrare l'uomo che ivi stava e tiralo fuori fino alla comunione piena col Padre in paradiso.

La morte offre l'occasione a Dio di visitare ogni essere umano lì dove si trova senza più avere luoghi inaccessibili, ogni deserto se attraversato insieme a Lui conduce alla Pasqua.

 

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