Restare testimoni

by Mauro 31. marzo 2019 17:52

       L'umanità contemporanea ritiene di non avere più bisogno di dare senso alle cose e all'esistenza personale. In nome della libertà intesa come individualismo autogenerante abbiamo smarrito l'educazione alla speranza, abbiamo spento il diritto al futuro.

    L'altro inteso come ostacolo alla propria realizzazione è un'idea ricorrente per la nostra società, sintomo di una dilagata deresponsabilizzazione. Alibi a difesa del proprio egocentrismo che vorrebbe custodire un'immagine di sé perfetta, impermeabile a critiche e a richieste di autenticità.

       Relazioni formali e mascherate, dunque, avrebbero il compito di garantire il quieto vivere e giustificare la strumentalizzazione dei rapporti umani sempre più cosificati e ridotti all'utile di turno. In tale scenario la parola è privata di importanza, l'uomo dimentica di avere bisogno di un padre che gli rivolga la parola per chiamarlo a sé e, così, riconoscerlo. La parola non rivela più il senso delle cose, ma diventa mezzo di appropriazione pretestuoso, essa diventa manipolativa in base alla convenienza del momento.

Ci viene incontro, oggi che celebriamo la quarta domenica di quaresima, una parabola che ci rivela la possibilità di un testimone generativo, il padre che rimane e attende e, al momento opportuno, dona la sua parola.

La parabola del padre misericordioso (Lc 15, 1-32) viene a narrarci una modalità inedita ove ogni formalismo è deprezzato per lasciare spazio alla convivialità, quella che è caratterizzata dall'accoglienza gratuita.

Gesù si trova accerchiato da scribi e farisei che stanno a mormorare perchè Lui dialoga e mangia con i peccatori. Il suo essere diretto e senza pregiudizi per loro è scandaloso. La fede d'Israele, infatti, era sotto l'egemonia della Legge e questa era stata esasperata dagli uomini divenendo criterio punitivo e di colpevolizzazione costante. Israele aveva perso il valore della Legge e ne era divenuto schiavo, ed è per questo che taluni si ribellavano proprio perchè sensibili e, pertanto, liberi.

È in tale constesto che Gesù racconta la parabola svelando il volto del Padre. Recuperare tale Volto significa ritrovare il rapporto con gli altri in quanto tutti figli dello stesso Padre.

Troviamo il figlio minore che chiede l'eredità che gli spetta, non si rende conto che l'eredità gli sarebbe spettata solo alla morte del padre eppure la chiede subito come a lasciare morire suo padre.

L'allontanarsi dalla casa paterna per sperperare tutti gli averi in una vita dissoluta equivale a cercare godimento senza misura. Ma è solo all'interno di un confine che a ciascuno è dato di nutrire desiderio e trovare appagamento . 

È così che il figlio sperpera tutto il patrimonio vivendo da dissoluto fino a trovarsi con la brama delle carrubbe che mangiavano i porci. Un animale emblematico per Israele, simbolo di ogni immondezza in quanto avido di sfamare solo se stesso. Accostarsi ad un maiale nel mentre che mangia, infatti, equivale a rischiare la vita: per lui il cibo esclusivo è il valore più grande.

Quel giovane, di fatto, si trova nella condizione che aveva scelto, con l'illusione di trovare pienezza di piaceri e appagamenti ora è affamato proprio perchè l'autoreferenzialità non appaga lasciando tristemente insoddisfatti.

In tale condizione di deserto e di buio trova l'occasione per rientrare in se stesso e fa memoria della casa del padre. È una memoria contaminata dal pregiudizio e cioè dal pensare che l'amore del padre abbia un prezzo. Inizia, pertanto, il cammino di ritorno per manifestare al padre il bisogno di essere accolto da servo e non più da figlio.

La scena che segue è ben altra. Il padre non ha chiuso la porta mettendo una pietra sul ricordo del figlio, piuttosto rimane lì ad attendere e quando all'orizzonte scorge la presenza del figlio gli corre incontro, lo abbraccia e lo bacia. Poi lo fa rivestire dandogli l'anello segno del suo potere e i calzari ai piedi in quanto lo riconosce figlio e non servo, non dunque a piedi scalzi.

L'amore del Padre è gratuito e sorprendente. Proprio i momenti più bui diventano l'occasione per aprire gli occchi e scoprire la Sua presenza.

Il figlio maggiore che da sempre è rimasto a lavorare nella casa del padre all'udire i sonori della festa si ferma manifestando un atteggiamento ostile, e quando il padre esce a supplicarlo si oppone rimproverandolo.

Significativo trovare un figlio che vorrebbe insegnare al padre come ci si dovrebbe comportare, un figlio che obbediente alla Legge vorrebbe la condanna del fratello e l'esaltazione della propria laboriosità.

Nel tempo in cui pare eliminata la figura del padre assistiamo ad un dilagare di atteggiamenti punitivi, una spinta totalitaria che sembra animare molti che pretendono di restituire, così, la presenza del padre alla postmodernità.

La parabola evangelica narra di un testimone, di un uomo che pur avendo visto il figlio fuggire per una via di apparente libertà rimane continuando a riconoscerlo figlio. Ci narra la storia di un figlio che sperperando i doni del padre si ritrova frammentato da quel che doveva nutrirlo e, chino su se stesso, vorrebbe tornare da servo. Scorgiamo nella scena successiva la commozione di un padre il quale sa, in cuor suo, che l'altro non gli è straniero ma gli appartiene. Restare umani significa compromettersi gli uni con gli altri.

Add comment

  Country flag

biuquote
  • Comment
  • Preview
Loading

Month List

RecentPosts