Già e non ancora

by Mauro 29. novembre 2020 13:49

Andare oltre l’evidenzia del calcolo prevedibile e cioè oltre la ricerca di un processo lineare che dimostri gli effetti a partire dalla individuazione delle cause, è la grande sfida del nostro tempo. Liberarsi da un ferreo conteggio di probabilità, lo stesso che dà origine all’intelligenza artificiale, introducendo la variabile inedita della non misurabilità della storia di ogni essere umano, è ciò che può riscattarci rilanciandoci avanti con inedita passione.

Il genere umano è capace di un valore che esula dalla computazione numerica, fino a dare importanza a ciò che altrimenti viene etichettato come “scarto” o “improduttivo” o “inutile”. Il tempo di Avvento ci introduce all’interno di questa prospettiva sorprendente: il Signore viene e visita la nostra ordinarietà quotidiana perché per Lui niente è inutile!

Il cammino umano è costantemente provocato dalla suggestiva idea di grandezza e di successo. Chi aderisce a queste sollecitazioni comincia ad essere affamato di riconoscimenti e trofei da accumulare, curriculum vitae sempre più lunghi ostentati insieme al reddito mensile che viene tradotto in auto di classe superiore e foto di lauti banchetti o viaggi. Ai nostri giorni la storia personale può trasformarsi nelle pagine di un social o di un ebook da sfogliare. Ma l’esistenza di ciascuno è molto di più e mai definibile all’interno di alcune pagine.

L’itinerario di Avvento, dunque, ci chiama a considerare l’attesa della nostra vita. Da cosa o chi aspettiamo dipenderà lo sguardo rivolto all’orizzonte e, pure, lo spazio che andremo a creare per prepararci ad accogliere l’ospite atteso.

La pagina del profeta Isaia (64, 2-7) che viene proclamata oggi nell’assemblea liturgica, racconta di come Dio si relaziona in modo imprevedibile. Nel mentre che il popolo vive una condizione dissoluta, il profeta ricorda come Dio è Padre e continua a plasmarci come argilla nelle sue mani.

Isaia non arresta il suo sguardo dinanzi all’evidenzia di storie distorte e di un’umanità che si ostina nel male, piuttosto sa che a ciascuno è dato di diventare opera di Dio. Di fronte ai mali di questo mondo, alla corruzione che continua a ferire l’umanità ed il creato, qualcuno potrebbe scoraggiarsi fino a disperare e, invece, il tempo di Avvento abilita alla fiducia e alla speranza perché Dio continua a venire ed attende uomini e donne che lo lascino entrare.

È questo il senso del “vegliare” evangelico (Mc 13, 33-37), abbiamo bisogno di mantenere la mente ed il cuore aperti all’agire di Dio. Lui visita chi smette di trincerarsi all’interno di ferrei progetti autoreferenziali che magari sono pure rivolti alle opere di bene ma, di fatto, stanno unicamente a dimostrare le ragioni di chi pretende farsi da solo.

È importante non lasciarsi confondere dagli attuali dibattiti socio-politici sulla importanza di celebrare il Natale secondo la logica dei consumi e cioè attraverso dispendiosi acquisti e lauti banchetti. Non è la festa poetica del bambino  che nasce quella che andremo a celebrare al termine dell’Avvento, ma l’evento del dono di Dio che è nato, morto e risorto per tutti noi. Certo che ciò è motivo di gioia ma questa è frutto della mentalità pasquale, ossia di chi è disposto a passare per la perdita di tutto perché ha trovato il Tutto della sua esistenza. Non può essere, dunque, un cammino schizofrenico ossia rivolto verso due direzioni opposte: il pellegrinaggio o è di perdita per accogliere l’unica ricchezza oppure è di appropriazione e questa non lascerà spazio per Dio.

Sta di fatto che il cammino del popolo cristiano sta in un “già e non ancora” che è ben diverso dal “qui e ora” perseguito da tanti che pretendono di avere il massimo da ogni attimo della loro vita. Il discepolo del Signore porta il gusto e, al contempo, sperimenta la mancanza del Maestro. Il percorso, allora, nutre il desiderio dell’incontro e questo tempo è alimentato dall’amore, è l’amore a sostenere l’esistenza della chiesa. Non ci sarebbe evoluzione, ragione per lasciare le comode stanzialità, motivo per aprirsi all’inedito, itinerario di scoperta, se non si fosse spinti dall’amore.

È pertanto che il tempo di Avvento richiama le cose che devono finire e l’essenziale che dovrà compiersi, proprio perché l’amore assorbe ogni cosa e fa perdere di valore a tutto il resto. In questo modo il Natale si trasforma in esperienza di tutti i giorni ed il quotidiano lo scopriamo quale occasione per rinascere ogni volta.

 

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