Prossimo è Amare (2)

by Mauro 14. gennaio 2013 23:00

    Francesco di Assisi piangerà perché “l’Amore non è amato” è proprio questa profonda esperienza di comunione che diventa gioire e patire con e per l’altro.

     Nasce una comunione nell’amore che nella Deus Caritas est viene espressa con l’immagine delle nuzialità, l’Alleanza tra Dio e l’uomo: “L'eros di Dio per l'uomo — come abbiamo detto — è insieme totalmente agape. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è amore che perdona.  Soprattutto Osea ci mostra la dimensione dell'agape nell'amore di Dio per l'uomo, che supera di gran lunga l'aspetto della gratuità. Israele ha commesso « adulterio », ha rotto l'Alleanza; Dio dovrebbe giudicarlo e ripudiarlo. Proprio qui si rivela però che Dio è Dio e non uomo: « Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? ... Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”.
      Pensiamo alla pagina delle Beatitudini ove Gesù promette la felicità, la gioia del cuore. Il termine ebraico esprime “felice tu” o “avanti” come ad esprimere la spinta che può reggere la vita. Gesù mostra ciò per cui vale la pena vivere anche questo movente può avere un prezzo: la persecuzione come nel caso di chi persegue la giustizia, o l’odio perché si crede nel NOME di Dio. La loro vita è testimonianza, suscita fiducia e forza. Chi vive le beatitudini, ed è chiaro che non si tratta di chi ha la vita “piana”,  è uomo fecondo, la sua vita porta frutto, l’altro comprende o almeno intuisce la logica di Dio. L’uomo delle Beatitudini per eccellenza è Gesù è facendosi forti di Lui, dell’amore che Lui ha dato a ciascuno, che è possibile farsi forti e capaci di affrontare la realtà.
       Gesù proclama con la sua vita che ora c’è un comandamento definitivo che è quello dell’amore. Nel Vangelo di Luca subito dopo le Beatitudini tratta dell’amore per i nemici. Per Lui il comandamento verso il prossimo anche se fosse nemico sta l’amore verso Dio. Noi distinguiamo l’amore per Dio e l’amore per il prossimo, in realtà io amo Dio se compio la sua volontà! E la sua volontà è che ciascuno ami l’altro e attraverso questa esperienza ecco che ciascuno diventa “figlio dell’Altissimo” (Lc 6, 35). Nell’amore verso il prossimo si esprime l’esperienza dell’amore verso Dio. È straordinaria questa associazione, questa comunanza, non stiamo a parlare di un “di più” o di un “diverso modo di amare”, è di un unicum che si tratta.
     C’è un’immagine che ci viene data dalla geografia palestinese in riferimento al fiume Giordano che viene a formare due mari: il mar Morto ed il mare di Galilea. Il primo, e lo dice già la denominazione, non permette vita al suo interno, il secondo invece è ricco di pesci. La differenza sta nel fatto che il mare di Galilea permette alle acque di defluire fino ad irrigare i territori circostanti, invece il mar Morto è un mare chiuso.

     Accogliere l’amore di Dio significa favorire il corso di questo amore nell’incontro con il prossimo. Un incontro che ha delle connotazioni particolari che possono essere declinate dalle parabole evangeliche vedi ad esempio la parabola del Padre misericordioso e quella del Buon Samaritano, immagini di relazioni fondate sull’amore. Ma il Vangelo è ancora più diretto quando ci mostra l’agire di Gesù: la  sua compassione per le folle e per gli ultimi, il suo portare con sé i discepoli malgrado la loro “incomprensione”, il suo chiamare Giuda “amico” proprio nel momento del tradimento, il suo sguardo rivolto a Pietro che lo ha appena rinnegato come ad attestargli che ancora gli rivolge il suo volto, le ultime parole di Gesù sulla Croce: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
     Gesù parla di un Comandamento nuovo (Lc 10,27) eppure era già prescritto nella Legge (Lev 19, 18), la novità sta innanzitutto nella individuazione del prossimo, non è l’israelita soltanto è anche il pagano o il nemico. “Altrimenti che merito ne avreste?” (Mt 5, 44-47). Ecco la novità cristiana guardare l’altro chiunque esso sia, quale interlocutore per la propria vita. Resta bene inteso che questo atteggiamento non è da confondersi con una sorta di buonismo, l’altro è interlocutore ma ciascuno ha da portare la Verità senza scendere a compromessi.
     Inoltre Gesù mostra la fede cristiana quale compito di vita, il prossimo non è da attendere come un’incognita. Ciascuno è chiamato a farsi prossimo per l’altro, siamo noi l’occasione per l’altro, l’occasione per incontrare Dio attraverso la nostra testimonianza. È l’atteggiamento di Francesco di Assisi che inizia dal servire i lebbrosi, è lì che farà esperienza dell’incontro con Dio. Francesco per loro sarà il prossimo, e per lui i lebbrosi mostreranno il volto di Dio, mentre lui ama loro ecco che farà esperienza della “dolcezza” di Dio.
     Gesù dà anche una misura dell’amore. Comprende che l’amare il prossimo “come se stessi” potrebbe essere limitato, anche perché l’individuo può perdere l’amore di sé, può svalutarsi fino all’annullamento di sé. Gesù si pone quale misura di riferimento, lo mostra con la sua vita: “che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Gv 15,12).
     Dio sta mostrando in questo modo la circolarità dell’Amore. Non è un qualcosa di chiuso nella relazione IO – TU (Dio si dona e l’uomo risponde restituendo l’amore ricevuto da Lui) questo equivarrebbe all’eros, invece inserisce una triangolazione IO – TU – L’ALTRO.

     È così che l’eros e l’agàpe si coniugano nell’esperienza di amore pieno, totale. Lui da Figlio non ha tenuto per sé l’amore del Padre, questo amore è stato condiviso e da NOI può essere restituito al Padre se entriamo in questo circolo relazionale.

 

Add comment

  Country flag

biuquote
  • Comment
  • Preview
Loading

Month List

RecentPosts