Integralisti? Vite senza desiderio

by Mauro 18. gennaio 2015 09:10

      Quando noi tutti reagivamo per l’efferato crimine di Charlie Hebdo, e il mondo si è fermato raccogliendosi attorno ai giornalisti vittime di tanta vigliaccheria, negli stessi giorni le rive del lago Ciad, nel cuore della Nigeria, si sono tinte di rosso. Ben 16 villaggi sono stati rasi al suolo e circa 2000 abitanti massacrati dalla milizia integralista islamica. La riflessione, comprendiamo, deve spingersi ben oltre la luce dei media, altrimenti rischieremmo di essere manipolati dalla “notizia” di turno senza maturare un’analisi approfondita delle questioni.
       L’identificarsi con Charlie Hebdo non ha significato certo condividere le scelte del giornale satirico che, a mio avviso, utilizza la derisione con un’aggressività nei confronti di milioni di persone, di ogni fede, poco plausibile. Ma ha voluto essere un messaggio chiaro alla follia integralista che l’umanità intera è obiettivo sensibile! Nessuna forma di estremismo volto a sopprimere la vita altrui è ammissibile, e nella nostra terra di Sicilia conosciamo bene quanto sia importante non lasciare solo chi entra nel mirino di Cosa Nostra, altra forma di integralismo collettivo.  
      Gli jihadisti di Boko Haram, i quali con il loro stesso nome vorrebbero attestare che l’educazione occidentale è sacrilega, hanno dichiarato di essere investiti del mandato di giustizieri fino alla pulizia etnica! È un’idea delirante che, e questo ci deve fare riflettere, contagia masse di uomini e di donne. Ma cosa sta dietro al fenomeno integralista?
Un primo aspetto è che le varie forme di integralismo potrebbero essere intese come modalità istintuali, come se l’uomo cercasse di soddisfare la brama di potere sull’altro, il dominare inteso come piacere egoico. In realtà sarebbe riduttivo questo pensiero, l’integralismo è un fenomeno molto più complesso che ha a che fare con il potere ma, a mio parere, anche con il desiderio.
           In fondo la religione canalizza potere e desiderio dell’uomo, ma a seconda del Credo di turno si potrebbe coltivare una follia collettiva. Si pensi alle sette pseudoreligiose, o ad organizzazioni come Cosa Nostra che hanno una loro professione di fede, e il patto di sangue verrebbe a sancirne il legame per tutta la vita. Ci sono, poi, realtà meno pronunciate dal punto di vista dell'espressione aggressiva apparendo, ai più, perfino innocue, come ad esempio la Massoneria. Un'organizzazione simile utilizza strumenti più subdoli per colpire chi "intralcia" il suo percorso, ad esempio l'isolamento o la denigrazione, oppure avvalendosi del suo potere crea ostacoli burocratici o altri espedienti di turno.   
           Ma cosa manca all’uomo contemporaneo per finire con il rifugiarsi in un delirio collettivo come l’integralismo islamico? Non si tratta di una questione di fede. In questo caso la fede è il pretestuoso modo di camuffare convinzioni di vita meramente orizzontali, è quel che accade, del resto, in numerose sette pseudo cristiane. Resta l’interrogativo: perché migliaia di occidentali combattono per l’Isis?
          Tornando alla questione del potere-desiderio faccio un esempio riferendomi al mondo adolescenziale. Quando un gruppo decide di “fare branco” è sì per apparire potente di fronte agli altri ma, di conseguenza, cerca un modo per trovare sicurezza, per sfogare una frustrazione, per darsi un ruolo e una direzione di vita. Alla base ci sarebbe una mancanza di relazione e una conseguente debole forza dell’Io (disistima e paura dell’altro), come anche una mancanza di desiderio con carente progettualità e senso di vita. Comprendiamo come le due dimensioni si corroborino a vicenda: più sicurezza si ha di sé e maggiori progetti si coltivano.
            Nel decennio passato antropologi, sociologi e psicologi, lamentavano l’assenza del padre nella società contemporanea, figura abdicata in nome della libera emancipazione dell’individuo. Eppure proprio la figura paterna è quella che permette di imparare a nutrire il desiderio. L’incontro con il limite se da un lato è motivo di frustrazione per il mancato appagamento (immediato), dall’altro è possibilità di stare con se stessi per albergare le stanze interiori e maturare ciò che appassiona la propria vita. Impariamo ad “essere presi” per una causa, un ideale e proprio il padre, in modo speciale, educa al desiderio.
Non si tratta dell’autoritarismo di chi proibisce l’oggetto delle proprie attrattive, ma della paternità di chi entra in relazione per accogliere e contenere, incoraggiare e sostenere. In tal senso il desiderio sta nel mantenere la tensione verso l’oggetto,  come spiegava bene Jacques Lacan psicoanalista e filosofo francese morto nel 1981, e non tanto nel raggiungere l’appagamento impadronendosi dell’oggetto.
         Secondo questa prospettiva, il soddisfacimento immediato tipico della società dei consumi impedirebbe la nascita del desiderio, mancherebbe cioè il tempo della “mancanza” perché nella frenetica routine quotidiana vige la regola del “tutto e subito”. Ma la nostra vita è mossa dai desideri, altrimenti la depressione avrebbe il sopravvento. È così che l’uomo sperimenta artifici per creare desiderio e forza di vita, ma questa ricerca può approdare a percorsi nefasti e gli efferati crimini dei nostri giorni ne possono essere una traccia (prosegue).     

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