Misterioso scambio: Domenica delle Palme

by Mauro 24. marzo 2013 10:33

     A breve inizieremo il percorso che da Betfage, sito sul versante orientale del Monte degli Ulivi, porta a Gerusalemme. Siamo più di diecimila, un popolo proveniente da ogni parte del mondo come a rappresentare l’umanità in cammino alla ricerca delle orme di Cristo.
       Ma il percorso di oggi non è semplicemente un ripercorrere il cammino che segnò l’ingresso di Gesù in Gerusalemme duemila anni fa. Non è un ripetere gesti quale memoriale di un fatto lontano  e pertanto reso presente solo dall’emotività del momento,
        il gesto eloquente di questo cammino è ben altra cosa, come del resto è il memoriale attuativo di ogni liturgia cristiana.
        Allora come oggi la folla festante, con i rami d’ulivo e di palma sventolati come fronde agitate dal vento, vorrebbe significare l’acclamazione, il desiderio di incontro nella propria vita, il volere accogliere Dio quale Signore della propria esistenza.
        Ma se il desiderio è sincero, diversa cosa è il sì quotidiano. Esso non si rivela come quella strada lastricata di tappeti, fronde ed esultanza di gente, piuttosto viene a manifestarsi con tutta la sua irruenza e, a volte, drammaticità.
       I giorni ci riservano la precarietà della vita, la difficoltà di accettare sommessamente le contrarietà, le soverchierie, le proprie fragilità. Faccio fatica a percorrere le orme del Cristo che entrato, dimesso, su un’umile cavalcatura come a mostrare che la sua regalità non ha apparenza di bellezza, né potere da mostrare, ma è povera di mezzi, a volte perfino indifesa, esposta all’indifferenza o alla persecuzione altrui.
        Betfage mostra l’attesa di Dio che manda a prendere un’umile cavalcatura per restituirle libertà e gloria. Mostra, ancora, l’acclamazione di una folla che manifesta l’ardore di un momento e poi il silenzio, se non addirittura il rinnegamento.
        È il volto di un Dio tradito quello che celebriamo oggi. L’amico accogliente che viene respinto, Lui che dona se stesso ed ottiene in risposta la morte. È tutto questo e molto altro ancora, questo giorno intitolato Domenica delle Palme.
        Ad un duplice movimento si assiste: la discesa del Figlio nelle profondità dei meandri umani, un calarsi spogliandosi di ogni pretesa, e l’innalzamento ad opera del Padre che mostra la sua gloria, il suo nome, amando sino alla fine, fino a donare totalmente se stesso nel Figlio, accettando di essere innalzato ma solo a condizione di portare con sé l’uomo mortale.
         Un’indicazione è chiara per mettersi sulle orme di Gesù, e ciò non formalmente, andare a prendere il puledro d’asina. Quell’animale metafora di ogni essere umano a rischio di rimanere imbrigliato per tutta la vita, va sciolto e portato da Gesù perché dovrà portarlo al luogo della Gloria.
          È un’immagine proposta ad ogni cristiano, bisognoso di essere sciolto dai legacci che schiavizzano la propria esistenza, di essere reso capace di portare il Maestro.
           Gesù vuole entrare nella sua gloria, entrare nel suo regno del cielo portato da qualcuno. Il regno è il suo, è Lui a lottare passando per la Croce, ma non vuole restarvi da solo. La Parola di Dio, la sua proposta, scioglie l’incapacità dell’uomo, e restituisce un modo nuovo di stare nella vita, di attraversarla trovando la pienezza.

 

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