Il coraggio della bellezza

by Mauro 22. aprile 2018 09:51

     Siamo troppo abituati ad intendere la bellezza come un qualcosa che catalizza la nostra attenzione fino a suscitare il desiderio di possesso, come se il bello debba essere divorato.

      La bellezza è ben altra cosa, inafferrabile ma perseguibile, puoi coglierla ma è necessario rimanere a distanza appropriata per poterla contemplare e non sfigurarla. Così come quando si contempla un dipinto e si rimane di fronte a giusta distanza e nel cogliere la visione d'insieme si è rimandati oltre, quelle suggestioni rimandano alla bellezza della propria vita, ai sapori e ai gusti della storia personale e, anche, alla risonanza del mondo che ci circonda.

       In primo luogo per contemplare la bellezza è necessario andare oltre le apparenze immediate per lasciarsi illuminare. Ricordo la bellezza di un'anziana donna monrealese di nome Sarina, la quale, avanti negli anni e col viso solcato dalla fatica e dalle ansie per la povera gente del quartiere di cui si prendeva cura, quando la incontravi ti accoglieva con un sorriso solare colmo di bellezza. Analogo ricordo quando incontravo frère Roger di Taizé, ogni parola, in genere poche, era cadenzata e le pause di silenzio erano illuminate dal suo sguardo. La stessa bellezza scorgevo nell'anziano Magid che a sera, stanco, arrivava a Danisinni spingendo un carrozzone colmo di oggetti in disuso recuperati per la vendita al mercato del Ballarò e, parecchio affaticato, guardava con tenerezza il piccolo Ryan, suo nipote, che gli era stato affidato. Lui con quello sforzo estremo raccontava tutta l'intensità propria della bellezza dell'amore.

        O, ancora, scorgo il volto di tante mamme di Danisinni che, preoccupate per il nutrimento dei propri figli, cercano di trasformare quel poco che hanno in gustose pietanze ulteriormente arricchite dalla bellezza che nutrono nello spendersi per i familiari.

La bellezza è propria di chi non vive per se stesso, la bellezza non porta a sé ma rimanda ad altro. Colui che contempla la bellezza, allora, viene portato oltre, la risonanza interiore si apre al sogno, al progetto di cose buone da realizzare, al senso profondo della propria ed altrui esistenza.

Perchè nel profondo, tutti e nessuno escluso, possiamo scorgere che per la bellezza siamo fatti e questa ci educa al bene e al vero da perseguire.

Abbiamo una profonda responsabilità civica nel denunciare la proposta dello splendore appariscente, quello che dura solo un giorno ma non trasforma le coscienze e l'ambiente. No, i processi di cambiamento sono ben altri. Sarebbe, diversamente, come rendere pulita una città per un solo giorno considerato che c'è un evento speciale e, all'indomani,  tutto tornerebbe sporco come prima. Non credo alla bellezza poetica di certe pubblicità che fanno apparire un cibo quale coadiuvante della gioia della famiglia e, poi, si scopre che per confezionare quegli alimenti si utilizzano tanti additivi che giorno dopo giorno strappano alla vita un essere umano. No, l'apparenza che uccide non è bellezza.

Non lo è neanche la modalità seduttiva di vivere le relazioni ammaliando uomini e donne fino a strapparli dai loro legami per averli a sé e, magari, poi gettarli via. Anche il fascino del potere esercitato in parecchi ambienti di lavoro diventa competizione che mortifica la dignità umana o, ancora, mobbing esercitato su chi non persegue quello stile di vita. La stessa politica che dovrebbe guardare il bene e la bellezza di un popolo e del luogo che abita, di fatto, è alla mercè dell'arroganza succube di un'economia che detta la convenienza di una legge piuttosto che un'altra.

Oggi il Vangelo del Bel Pastore ci parla di una bellezza differente, quella che riempie il cuore di gratitudine e dona la forza della vita. Già nella cultura ebraica e, così, anche in quella greca, bellezza e bonta sono coniugate insieme perchè l'una è caratterizzante l'altra.

La cultura contemporanea, piuttosto, ha disgiunto bello e buono facendo della bontà una questione moralistica e svuotando d'anima la bellezza. È così che la fede cristiana si è organizzata attorno ad un impegno centrato sulla performance e poco sull'accoglienza del dono di Dio, rivolto a quel che c'è da fare prima che al volto del Padre da contemplare per discernere il da farsi.

A differenza del mercenario il bel pastore dona la vita per le sue pecore, il mercenario misura in base all'utile e se è a rischio fugge via, il pastore rimane e dona sino alla fine. C'è un rapporto di conoscenza reciproca che lega pastore e gregge, Gesù bel pastore mostra il volto del Padre, conoscere significa entrare a fare esperienza del Suo rapporto intimo col Padre. Il gregge, così si scopre profondamente amato, a prescindere dalla bravura ma proprio perchè gregge, o percora singola, cercato.

Il gregge ne conosce la voce e pertanto lo segue, è l'esperienza che abbiamo della Parola che diventa Luce per la propria esistenza.

Gesù rivela la tenerezza del Padre, Lui sfigurato sulla croce, senza apparente bellezza, era il più bello tra i figli dell'uomo. È il volto dell'amore riconosciuto da chi, umilmente, si è lasciato destabilizzare da quel che contemplava. Il centurione, infatti, ai piedi della croce perde la sua sicurezza difensiva, si inginocchia sebbene avesse un'uniforme, non è quella a garantirgli la bellezza della vita. Trasgredisce un comando fondato sulla violenza e sulla logica di guerra, umiliandosi dinanzi al Crocifisso.

Non si tratta dell'umiliazione che lascia chini sul proprio senso di colpa, ma del riconsocimento della propria fragilità e, al contempo, dell'essere guardati e amati da Dio. È da quest'esperienza che scaturisce la fede e la logica del consumarsi per amore.

Contemplare la bellezza ci fa venire fuori dal nostro ego facendo aprire, ciascuno, alla logica del dono gratuito. È la logica del chicco di grano che muore per dare frutto, è l'esperienza di chi si fida e, pertanto, consegna la propria vita a Dio e di Lui diventa strumento, operatore di giustizia e di pace, in questo mondo. La pietra scartata è nascosta ma sta a fondamento di una costruzione, il buon lievito si mischia ma, dopo l'attesa, fa fermentare tutta la massa!

 

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