Domenica 29 aprile pomeriggio una Conversazione nel Teatro dei Cappuccini per approfondire con fra Calogero Peri, Vescovo di Caltagirone, l'Esortazione apostolica sull'amore nella famiglia Amoris Laetitia che tanto ha fatto parlare negli ultimi due anni.
L'attenzione del Vescovo di Roma, Francesco, sul travaglio di molte famiglie cristiane, e in particolare i divorziati, è emersa fin dai primi giorni del suo pontificato in cui, con modalità differenti, ha indicato dei criteri basilari in vista del discernimento sulle questioni che affronta l'umanità dei nostri giorni: la storia è superiore alla geografia e la realtà è superiore alla idealità.
L'attenzione alla storia mostra che la vita è un cammino e pertanto soggetta a cambiamenti, rivolta verso una meta, come per Israele nel deserto, può essere raffigurata come un esodo verso il luogo promesso, un peregrinare che non può avere fin d'ora una fissa dimora. La visione stanziale del “nido sicuro” così come quella del “posto fisso”, è messa in discussione dalla necessità dell'abbandono in Dio e della ricerca del Regno attraverso la giustizia e la pace da realizzare con la propria fattiva testimonianza.
Al contempo l'idealità può essere tradita dalla quotidianità in cui la concretezza della vita svela il senso delle cose ed insegna come affrontare e attraversare le tempeste esistenziali.
Il problema di fondo è che siamo tornati a pensare la spiritualità alla maniera gnosticismo antico che separava nettamente spirito e materia intendendo per spirituale quel che è immateriale. Come a dire che i pensieri alti e la forza di volontà dimostrano una grande spiritualità. Sotto questa prospettiva per raccontare la fede sono stati adottati comportamenti stereotipati, forme estetiche, un grande moralismo per dimostrare che si è cristiani.
Tale impostazione ha fatto credere che con il pensiero si potessero gestire le passioni, l'attrazione o il corpo dimenticando che la vita cristiana è prima di tutto relazione con Dio e azione, visita, del Suo Spirito. Senza questa fonte esperienziale il cristianesimo diventa una grande nevrosi di massa in cui l'umano cerca di negarsi in funzione di una sorta di spiritualismo disincarnato.
La persona spirituale e, per questo, pienamente umana inzia a riconoscere la propria storia come visitata e redenta dalla presenza del Signore, smette di ripegarsi su se stessa e comincia ad accogliere la Luce della Sua presenza.
È quel che vivono i due discepoli diretti verso Emmaus ancora carichi dei loro discorsi di morte perchè delusi da un'aspettativa verso una salvezza taumaturgica che Gesù, loro Maestro, non ha realizzato. Fino a quel momento la crocifissione appariva come un ignobile fallimento, la loro storia ferita fino alla morte, solo dopo che si lascerano avvicinare dal Risorto e ascolteranno la sua voce e vedranno il gesto dello spezzare il pane apriranno gli occhi verso l'Amore, e gioiranno perchè lì innanzi a loro scoprono il Signore che non li aveva abbandonati. Ora lo sguado rivolto verso la ferita ricorda il Volto dell'amore di Dio, come Lui si è preso cura sino alla fine.
Si, l'umanità del nostro tempo ha bisogno di scoprire il volto dell'amore: L'amore non è solo volersi bene ma volere il bene dell'altro, anche se questo bene non coincide con i propri interessi e aspettative. Così, ad esempio, il bene dei genitori verso i figli fa sì che essi, con la nascita della prole, rinuncino ai loro bisogni primari (sonno o altre priorità). È l'amore disinteressato e tutti desideriamo essere amati in modo disinteressato.
Per il contemporaneo questa è una riflessione faticosa perchè sempre più schiacciato sul piano del bisogno e sempre meno capace di desiderio, in quel caso la sessualità è agita per compensare un senso di vuoto sempre maggiore, cioè priva di relazione, di distanza che permetta di sostenere l'attesa e la crescita del desiderio.
Aspetti che approfondiremo durante la conversazione del pomeriggio.
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