Tempo di Avvento per restare umani

by Mauro 9. dicembre 2018 08:52

  Ci sono eventi che spiazzano perchè non programmati, fatti imprevedibili che destano meraviglia e il relativo bisogno di ripensare la propria esistena. Sembra che l'agire di Dio nella Scrittura venga puntualmente descritto in questi termini,  il Suo ingresso nella storia dell'umanità rompe lo schema linerare di causa ed effetto in quanto introduce la categoria della “possibilità”. È la logica della misericordia che non si lascia fermare dal peccato dell'uomo cadendo in una sorta di retribuzione a seconda delle prestazioni ottenute. Dio è molto di più dell'agire umano eppure tesse la sua opera attraverso la risposta dell'uomo!

In questa seconda domenica di Avvento troviamo descritta la figura di Giovanni battista, nello scenario della maestosità imperiale compare questo individuo privo di ogni apparenza, scevro dalle logiche di potere e che dimora nel deserto.

Con queste caratteristiche ritorna la profezia in Israele, proprio perchè l'ascolto di Dio abbisogna di condizioni ben precise, nell'essenzialità del paesaggio esteriore Giovanni potrà dare libero spazio alle profondità del paesaggio interiore. Il pensiero divergente, il punto di vista altro, proprio del profeta scaturisce da una relazione prioritaria che dà senso a tutto il resto.  

Lui, Giovanni, già dal concepimento non può vantare alcunchè, i suoi erano sterili e avanti negli anni, la fragilità della carne fin dalla sua nascita viene visitata dalla presenza di Dio. Giovanni ne è testimone e si lascia condurre, perchè non è sufficiente che Dio operi e a questa azione deve seguire la risposta della creatura. 

Lo troviamo nel deserto lì dove non sono possibili altri appigli, appoggi che vorrebbero nascondere la vita. Paradossalmente anche se l'uscire dal mondo per recarsi nel deserto potrebbe apparire come una scelta di nascondimento, in realtà lì è possibile riconoscere appieno la nudità di un essere umano, la sua vulnerabilità e la relativa mancanza di ripari volti a coprire la realtà.

In quel contesto si risolve l'equivoco delle origini scaturito dall'illusione di portersi nutrire, vivere, sostituendosi a Dio. Quella pretesa aveva portato l'essere umano al nascondimento e al coprirsi per timore del passaggio di Dio.

Ora una via nuova viene aperta proprio nel deserto, viene tracciata lì dove apparentemente non sussiste alcuna strada. Ciò è possibile perchè la Parola “accade” su Giovanni, lui si lascia abitare da quella Parola che ascolta. Non è possibile cristianesimo senza essere presi dalla Parola che si ascolta, altrimenti si cadrebbe in una religione formale fatta di prescrizioni da osservare. È ben altra l'esperienza di Giovanni, lui irrompe nei floridi villaggi della Giordania per invitare al battesimo di conversione, ad immergersi nell'ascolto di Dio per ritrovare l'unica direzione della propria esistenza.

Fino a quando l'essere umano sarà frammentato in molteplici direzioni, cercherà di sfamare se stesso ma non si metterà mai in cammino. Il viaggio presuppone il lasciare qualcosa, discernere la via da seguire abbisogna di investire in una direzione piuttosto che stare nella logica di convenienza del momento. Certo, a volte il cammino diventa faticoso, si trasforma in deserto in cui bisogna attendere pazientemente ma questa esperienza si trasforma in occasione di profondità e di relazione con l'altro.

Nel deserto si diventa tutti uguali, viene meno la logica dell'ostentazione, ciascuno abbisogna dell'altro e lì si imparara a tornare custodi del prossimo così come della propria vita. Il tempo di Avvento restituisce questa direzione e ci riporta all'essenzialità dei giorni, altrimenti non sarà possibile alcuna meraviglia. Non ci sarà Natale se nel nostro quotidiano non avremo imparato a riconoscere e ad accogliere il prossimo, soprattutto a chi ha elevato il proprio grido per chiedere il permesso di continuare ad esistere.    

 

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